11/12/2015

Transfer pricing, prassi sempre più diffusa, ma...

Alla luce delle rinnovate esigenze di comunicazione e scambio dei moderni traffici commerciali, sempre più inseriti in un respiro sovranazionale, negli ultimi decenni i procedimenti di trasferimento infragruppo sono diventati realtà rilevanti non solo per le imprese multinazionali, ormai pacificamente affermate sul mercato globale, ma anche per le piccole e medie imprese che molto più frequentemente vengono fagocitate in gruppi di imprese internazionali, diventando parti correlate di un medesimo soggetto economico. 

Scelte "spietate" per restare a galla 
Nella disciplina commerciale, e più precisamente nella realtà imprenditoriale, non deve stupire il tentativo costante di interpretazioni estreme delle normative vigenti da parte degli imprenditori: nel mercato, che piaccia o no al legislatore nazionale, ma soprattutto europeo, per rimanere a galla c’è da essere spietati. Certo, sempre nel rispetto dell’onestà e della trasparenza, s’intende. Per questo motivo i trasferimenti infragruppo sono stati utilizzati dalle imprese in un modo che poco si conciliava con il principio di libera, naturale e corretta concorrenza vigente in ambito nazionale ed europeo. Per quale motivo? 

Le ragioni di tanto successo
I trasferimenti infragruppo sono delle particolari fattispecie contrattuali di cessione di beni o servizi di vario genere (come accordi di ripartizione di costi tra imprese dello stesso gruppo) tra le imprese facenti parte il medesimo gruppo. Ora, essendo questi trasferimenti stabiliti ad un livello meramente interno al gruppo, ed essendo l’obiettivo principe di un imprenditore quello di massimizzare il profitto di gruppo, viene assai facile immaginare che i prezzi di questi trasferimenti non corrispondano affatto alle normali condizioni di mercato, aprendosi così le porte al rischio di falsare in maniera incisiva la libera concorrenza. 

Disciplina "macchinosa"
Proprio in virtù di questo fenomeno, sia a livello nazionale che internazionale, si è sviluppata un’articolata, macchinosa, disomogenea disciplina che mira a stabilire un valore normale (il prezzo di trasferimento, appunto) per queste transazioni, al di sotto del quale le autorità fiscali sono legittimate a contestare l’operazione. Ora, a livello internazionale la disciplina di riferimento è dettata dall’OCSE (Organisation for Economic Co-operation and Development), che nei vari trattati stipulati dagli Stati aderenti non si preoccupa di definire semel pro semper una soglia di prezzo chiara, ma si limita ad enunciare delle guide lines,di astrusa applicazione, tramite cui arrivare a capire quale sia, di volta in volta, il prezzo di libera concorrenza. 

Così in Italia
In Italia la Corte di Cassazione e il Ministero delle Finanze hanno tradotto in prassi quello che dovrebbe essere il metodo di analisi internazionale per giungere a definire il prezzo di trasferimento normale, che tuttavia non trova applicazione uniforme dal momento che non è per nulla esaustivo (e non trova applicazione nella totalità dei casi); vi sono pertanto svariati metodi, e la sovrapposizione tra essi di certo non agevola la comprensione della normativa. 

I punti di contatto con la disciplina doganale
La determinazione del prezzo normale di trasferimento presenta dei risvolti di notevole peso in ambito doganale: nelle operazioni di trasferimento internazionale di merci tra società correlate momento saliente è dato dall’operazione di importazione. E’ proprio in questa fase che il valore delle merci importate assume un ruolo fondamentale per l’individuazione del prezzo di trasferimento. In buona sostanza è compito dell’Autorità Doganale quello di verificare che il prezzo di transazione non sia stato influenzato dai legami che intercorrono tra le società correlate, andando a sondare e confrontare una serie di criteri e condizioni stabilite dalla ricca disciplina normativa applicabile (che va dall’ OMC, a livello internazionale fino alla normativa del CDC, a livello euro-nazionale). Pertanto, dato il proliferare negli ultimi anni di criteri, modelli, direttive che possono influenzare la determinazione del prezzo di trasferimento nella fase doganale dell’operazione in questione, è stata pubblicata recentissimamente la Circolare n.16D – 06.11.2015- dall’Agenzia delle Dogane nella quale sono rese note le principali linee guida elaborate dal Gruppo di Lavoro della medesima, che individuano le sinergie tra la disciplina tributaria e quella doganale. Linee guida che confluiranno nel nuovo Codice Doganale dell’Unione, operativo a partire dal 1 maggio 2016, rendendo indubbiamente meno farraginosa l’applicazione di tale disciplina. 

di Stefano Morelli 
Presidente della Commissione Dogane di Assologistica
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