Nel giro di un anno le prospettive geopolitiche e geoeconomiche mondiali sono passate da un mood di grandi aspettative (i Nuovi Anni Ruggenti) a uno di sospensione e di rischio crescente (i Nuovi Anni 30). Entrambe le previsioni sono forse esagerate, quel che è certo è che oggi il mondo è già diverso in molti aspetti da un anno fa. Leggendo le prime pagine dei giornali si percepisce confusione e ansia, come se si stesse facendo strada la consapevolezza che la lunga vacanza che il nostro Paese si è preso dall’attenzione verso la situazione internazionale stia rapidamente volgendo al termine.
È significativo che più che dalla politica, la spinta a recuperare questa attenzione venga dalla logistica. Shipping, Forwarding & Logistics meet Industry, l’appuntamento annuale dedicato all’incontro tra il mondo della logistica, delle spedizioni, dei trasporti, e il mondo dell’economia produttiva italiana, ha dedicato fin dalla sua nascita una parte rilevante dei suoi contenuti a geopolitica e geoeconomia. Quest’anno la conferenza dedicata a questi temi apre il pomeriggio della prima giornata, 9 marzo, offrendo una visione delle tendenze di quello che sembra ormai un panorama caratterizzato dal confronto tra grandi potenze per poi focalizzarsi sul ruolo dell’Italia.
L’obiettivo è cercare di comprendere le possibili traiettorie del mondo. La geopolitica e la geoeconomia non sono solo discipline descrittive ma la loro utilità sta nel grado di predittività che riescono a garantire le loro analisi. Come afferma Federico Petroni, analista di Limes, uno dei relatori di punta della sessione “L’analista geopolitico non s’interessa di qualunque tipo di futuro. Quello su cui perde notti e diottrie riguarda la traiettoria delle collettività, l’esito delle loro competizioni, le possibilità che si scontrino nella più violenta e diffusa delle attività umane, la guerra. Fra le sue ossessioni del tempo presente rientrano: quanto durerà l’egemonia degli Stati Uniti? Può l’America conciliare l’impossibilità di stare ferma che la porta ad auto logorarsi in guerre inutili con la necessità di adottare un atteggiamento imperiale più maturo? Che effetto avrà il suo crescente disinteresse ad arginare il caos in Eurasia? Fra Pechino e Washington sarà guerra? La prima sarà in grado di sfidare la seconda senza ripiegarsi su sé stessa e sulle sue enormi incongruenze interne? Quanto sono propensi i cinesi alla violenza? La Russia esisterà in questa forma tra una generazione? Può la Germania tornare nella storia, ossia grande potenza? Come può l’Italia difendersi da (e se possibile invertire) una perdita di controllo sui propri confini che la rende sempre meno soggetto e sempre più oggetto manipolabile?"
Si parte quindi con un’analisi dell’atteggiamento italiano verso la politica estera, oltre quello intrattenuto dalle cosiddette élite, per poi allargare il discorso al confronto tra grandi potenze. In primo piano c’è il tentativo tutto italiano di surrogare l’incapacità di assumersi responsabilità e oneri facendo appello all’Europa, di cui vengono esposte effettive possibilità ma anche le velleità. Fondamentalmente si ha quello che si paga, e non sembra che l’Europa voglia “spendere" per guadagnare la vagheggiata “autonomia strategica", o meglio i singoli Stati membri non vogliono farlo, il che è lo stesso.
Stringendo lo sguardo sul cortile di casa, gli ultimi dieci anni hanno dato un colpo definitivo alla visione del Mediterraneo (almeno quello centrale) come “affare italiano". Ora si tratta di tornare alle basi, cercando almeno di recuperare influenza nel bacino occidentale.
La sessione si chiude con un focus sulla sfida a lungo termine più cruciale per l’Italia e per l’Europa: la Cina. Secondo i sondaggi, gli italiani percepiscono ormai la Cina come il più importante fattore perturbativo dell’ordine mondiale. Viene così esposta la penetrazione economica (e l‘inizio di quella militare) in Africa, che dovrebbe essere il punto focale dell’azione europea, il cui tardivo stanziamento di una ventina di miliardi la dice lunga. Sono invece cose di casa nostra la caccia che la Cina ha lanciato per intercettare le competenze e il know-how italiano. Sul piano dell’acquisizione di aziende, ci si è spostati sulle università e i centri di ricerca, anche per beneficiare di rimbalzo dei programmi di ricerca europei.
Un programma denso e di grande interesse e attualità, come tutto quello delle conferenze dell’evento, promosso da Confetra, ALSEA e The International Propeller Clubs, è in programma il 9, 10 e 11 marzo presso il Centro Conferenze di Assolombarda da cui verrà anche trasmesso in live streaming.
Maggiori dettagli sull’evento sono disponibili sul sito web www.shippingmeetsindustry.it