A
qualche mese dalla conclusione del primo master organizzato da Assologistica
Cultura e Formazione e destinato a formare i responsabili delle
questioni doganali, tracciamo un bilancio del percorso effettuato con
due dei suoi docenti, ovvero Lucia Iannuzzi e Paolo
Massari, rispettivamente partner/customs specialist e customs &
international trade advisor di C-Trade. Ricordiamo che
il corso (di 200 ore) ha risposto a quanto previsto dal nuovo Codice
Doganale UE per le aziende certificate AEO (operatore economico autorizzato) o
che intendano chiedere l’autorizzazione, soggetti cui il nuovo regolamento riconosce
innumerevoli benefici e vantaggi.
Logistica e dogane, due mondi contigui
Prima di
analizzare i risultati del master Assologistica da poco concluso, vogliamo
effettuare un breve riepilogo delle finalità che l’hanno ispirato? IANNUZZI: La partnership
tra dogana e operatori è uno dei concetti fondamentali della novella
legislativa entrata in vigore nel 2016; insieme ai principi di
semplificazione e telematizzazionec ostituisce l’architrave sulla quale la
UE ha costruito il Codice doganale dell’Unione. In quest’ottica
deve essere letta l’introduzione della figura del responsabile delle
questioni doganali nelle aziende private: un soggetto che
interloquisca, non solo formalmente, con la dogana, punto di riferimento unico
per tutte le attività aziendali, controllore e gestore (anche tramite
terzi, ovviamente) dei processi doganali, competente, se non esperto e
portatore di un linguaggio condiviso con l’autorità doganale. Competenza
riconosciuta in capo a chi abbia standard pratici (esperienza almeno triennale
nel settore doganale, anche se, si ribadisce, non si è ancora a conoscenza di
criteri oggettivi di valutazione, da parte dell’autorità doganale, di tale
requisito) o una qualifica professionale, conseguita a seguito di
partecipazione a un iter formativo in materia di legislazione doganale e
comprovata dal superamento di un esame finale. Formare competenze
doganali nelle realtà aziendali è una sfida stimolante per chi crede nella
condivisione della conoscenza doganale quale fattore di ausilio nello sviluppo
e nella crescita dell’intero sistema Italia, sempre più interessato, anche
nelle realtà di minore entità, da fenomeni di delocalizzazione,
internazionalizzazione, globalizzazione. Tra l’altro, ricordiamo
come il possesso della qualifica professionale sia spendibile non solo
in ambito AEO, bensì anche, a titolo esemplificativo, per il
riconoscimento della rappresentanza diretta in dogana.
La sfida
lanciata dal nuovo Codice doganale può quindi definirsi vinta? IANNUZZI: La
partita, usando la terminologia sportiva, è ancora lunga, ma qualche segnale
positivo comincia a vedersi e il master di Assologistica ne è un esempio. Le
aziende devono fare di necessità virtù; la competizione a livello
internazionale non è più riservata ai colossi multinazionali, anche la piccola
e media impresa, per ragioni diverse e con caratteristiche diverse,
ha contatti frequenti con l’estero; la dogana è entrata, di fatto, in molte
società. La globalizzazione dei mercati, la delocalizzazione delle
attività produttive, la necessità di riduzione dei costi che la crisi economica
ha imposto a tutti gli operatori commerciali, hanno portato all’attenzione dei
principali soggetti economici l’elemento dogana quale inevitabile e
ineliminabile momento, spesso fondamentale, nella catena di approvvigionamento
di beni. La dogana, come abbiamo visto, si propone quale
partner istituzionale degli operatori economici, in grado di controllare la
regolarità e la sicurezza degli scambi, garantendo, in tal modo, una effettiva
leale concorrenza, sia nell’interesse economico pubblico, sia
nell’interesse economico privato. Che la dogana sia un costo, in termini di
risorse economiche e di tempo, l’hanno compreso tutti; come sia possibile
minimizzarlo, utilizzando gli strumenti autorizzativi o agevolativi delineati
dal legislatore unionale; come sia possibile disegnare l’architettura dell’iter
logistico della propria catena di approvvigionamento, sfruttando tutti i
possibili benefici, con l’obiettivo di essere sempre in compliance con le norme
e la prassi, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi alla transazioni
internazionali; questo lo stanno comprendendo, più o meno, tutti. La
dogana come fattore di business evita l’isolazionismo commerciale
internazionale.
Lucia Iannuzzi
E gli
alunni del master come hanno risposto? MASSARI: Provenienze
diverse, background diversi, uguale interesse ed entusiasmo. Le lezioni
sono state un confronto continuo e diretto, basato sulle esperienze di ciascuno,
approccio necessario per evitare che aride nozioni teoriche rimangano lettera
morta. La dogana è essenzialmente pratica, ma necessita di una solida
base teorica e giuridica: abbiamo cercato di trasmettere a tutti i
partecipanti questo mix di conoscenze e il tentativo pare riuscito. Sicuramente
apprezzato, considerati gli attestati ricevuti anche a corso concluso.Abbiamo
cercato di calare la normativa unionale nelle esperienze quotidiane di
ciascuno, non tanto per mantenere viva l’attenzione, quanto per mantenere viva
la materia. Non dobbiamo dimenticarci che di fronte avevamo non
studenti, ma persone che lavorano e hanno mille problemi, ma, ciò nonostante,
hanno trovato il tempo e la voglia di migliorarsi e aggiornarsi, approcciando
una materia per molti sconosciuta; solo questo merita il massimo rispetto. Duecento
ore di lezione sono tante, il corso è durato molti mesi, l’impegno è stato
continuo; non abbiamo formato degli esperti, ma sicuramente persone
coscienti dei propri limiti e pronte a colloquiare con la dogana.
Quindi
non è stato un azzardo pensare a un corso doganale in ambito logistico? IANNUZZI: Per nulla. Una
lettura sistematica dei mutamenti legislativi e delle interpretazioni di prassi
- comunitaria e nazionale - degli ultimi anni, nonché delle loro declinazioni
operative (pre-clearing e fast corridor, in primis) denota un legame
sempre più stretto tra dogana e logistica. Si tratta di mondi
contigui, che quotidianamente si sovrappongono. Unire competenze
trasversali non è solo sinonimo di saving economico, ma di gestione integrata
dei processi, diretta a minimizzare i rischi e a prevenire i problemi. Il
contesto normativo e operativo, in costante mutamento, sembra avvalorare la
tesi che vede l’operazione doganale quale naturale complemento della più
generale operazione di trasporto; tesi propugnata e commercialmente seguita con
particolare aggressività da parte dei grandi corrieri internazionali, in grado
di offrire gli essenziali (e nulla più) servizi di presentazione della
dichiarazione doganale a tariffe non proponibili per i restanti brokers, in
quanto momento della ben più remunerativa catena logistica e non, come per i
secondi, quale core business della propria attività. Certo, disegnare flussi
operativi e sviluppare il business richiede competenze che, ancora, i
partecipanti al corso non possiedono; ma hanno, ora, la consapevolezza dei
vantaggi che possono derivare dall’integrazione della logistica doganale nella
supply chain in modo da permettere una maggior efficienza operativa all’azienda
che decida di farne uso.
Un’esperienza da ripetere, quindi? MASSARI: Dal nostro punto di vista, senz’altro. Come dicevamo, la diffusione della conoscenza doganale è una condizione imprescindibile per acquisire consapevolezza delle opportunità, ma anche dei rischi, che le transazioni estere offrono o nascondono. La competizione sui mercati internazionali è sempre più serrata. La volontà di sfruttare nuove opportunità, condizione imprescindibile per la crescita di ogni azienda, si accompagna spesso alla necessità di sfuggire alla saturazione o alla minore recettività del mercato nazionale di riferimento. L’internazionalizzazione presuppone concettualmente il rapporto con l’estero quale sbocco dei propri prodotti; e necessita, quindi, del rapporto, a volte fino a quel momento sconosciuto, con l’elemento dogana. Il quale diviene un fattore imprescindibile nella catena logistica di approvvigionamento e distribuzione, un fattore che comporta problemi, tempistiche e costi da tenere ben presenti in sede di pianificazione di sviluppo in mercati esteri. Ma un fattore che può comportare anche vantaggi e possibilità commerciali. Il mondo doganale cambia e cambia molto velocemente. Almeno quanto velocemente si modificano le abitudini e i comportamenti che regolano le transazioni commerciali internazionali. E il motore di tale cambiamento, ovvero il legislatore comunitario, non si ferma, in quanto espressione di sintesi di una congerie di interessi economici, spesso contrapposti, sicuramente mal coordinati, che vedono l’elemento doganale quale imparziale (o parziale, secondo le convenienze) regolatore della correttezza dei traffici. Certo, poi, la velocità di adeguamento di ciascuno Stato membro alle disposizioni comunitarie (per quanto, nella quasi totalità dei casi, di natura regolamentare e, quindi, immediatamente applicabili e vincolanti) non è sempre la stessa. Diremmo che ce n’è abbastanza.
Paolo Massari