“Ciò che distingue il nuovo Codice dell’Unione risiede – a parer mio - essenzialmente nei principi ispiratori e negli obiettivi che il legislatore comunitario si è posto, prima ancora che nelle declinazioni operative che tali principi e obiettivi hanno trovato". Esordisce così Lucia Iannuzzi di C-Trade (società di servizi attiva nel settore doganale/logistico i cui soci fondatori e collaboratori vantano una più che decennale esperienza nel settore.) che, assieme a Paolo Massari, terrà la docenza del corso organizzato a Milano, il prossimo 20 settembre, da Assologistica Cultura e Formazione dal titolo "Nuovo Codice Doganale, conseguenze e aspetti pratico-operativi nella tecnica doganale".
Dovendo indicare le
maggiori novità introdotte dal Codice Doganale Ue, quali sceglierebbe? Iannuzzi: Semplificazione,
comunicazione, partnership: questi i tre pilastri sui quali è stata edificata
la nuova normativa doganale. In linea con la comunicazione della Commissione UE
del 24 luglio 2003 "Un ambiente semplificato e privo di supporti cartacei
per le dogane e il commercio", il Codice si pone il fine di semplificare la normativa
doganale, grazie all'uso di tecnologie informatiche e di comunicazione
più moderne, nonché di promuovere, finalmente, un'applicazione
uniforme della stessa e un approccio comune e condiviso ai concetti di rischio
e di controllo doganale, contribuendo in tal modo a fornire la base per
procedure di sdoganamento semplici ed efficienti. Obiettivo, in realtà,
piuttosto ambizioso, anche perché inevitabilmente legato alle facoltà
applicative discrezionali dei singoli Stati membri e i cui primi effetti non si
tarderanno a vedere. Conformemente a tale postulato, i regimi doganali sono
stati ridotti e armonizzati in ragione della loro giustificazione economica, al
fine di accrescere la competitività delle imprese.
Quindi anche il mondo
doganale sta facendo i conti con la rivoluzione tecnologica che ha investito
massicciamente altri ambiti? Iannuzzi: L'utilizzo delle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione, alla base della creazione della
cosiddetta douane sans papier, di cui
alla Decisione UE 15 gennaio 2008, n. 70, è un elemento essenziale per
garantire, nel contempo, agevolazioni al commercio ed efficacia dei controlli
doganali, riducendo, in tal modo costi e rischi per le imprese. Ecco, dunque,
declinato il
principio giuridico secondo il quale tutte le operazioni doganali e commerciali
devono essere effettuate per via elettronica e i sistemi telematici
doganali devono offrire agli operatori economici le stesse possibilità in
ciascuno Stato membro.
E che dire della tanto
declamata partnership dogana-operatore economico? Iannuzzi: Tale partneship viene teorizzata
fin dalla fase di gestione del rischio, con l’operatore nella veste di
fornitore di informazioni, gestite in via telematica, precedenti l’arrivo della
merce. Ciò dovrebbe comportare, quale conseguenza, il rapido svincolo delle
merci e quale presupposto, una dichiarazione doganale trasmessa per via
elettronica, la sopravvivenza di un solo tipo di dichiarazione semplificata, la
possibilità di presentare una dichiarazione sotto forma di iscrizione nelle
scritture del dichiarante. In sintesi, minimizzare costi e rischi imprenditoriali,
garantendo controlli doganali armonizzati, un quadro comune in materia di
gestione del rischio e un sistema elettronico per la sua attuazione.
Quali sono i
cambiamenti operativi più significativi introdotti dal Codice? Iannuzzi: L’utilizzo del
fascicolo elettronico nella trasmissione telematica delle dichiarazioni
doganali,
con l’obbligo di presentare la documentazione in dogana solo in caso di
controllo; la
gestione delle ex procedure domiciliate, in Italia divenute ora
procedura “Norm c/o luogo"; la possibilità di una determinazione “concordata" del valore in
dogana; la diversa gestione dell’istituto della temporanea custodia e
dei regimi economici e sospensivi; la riaffermazione della centralità
dell’autorizzazione AEO e lo sdoganamento centralizzato europeo. Cambiamenti, sulla carta e nelle
intenzioni del legislatore comunitario, significativi, che speriamo trovino
presto una loro architettura operativa nelle parole dell’Agenzia delle Dogane,
sempre più necessarie, in un momento di oggettiva confusione interpretativa
diffusa.
Si andrà quindi verso
una “de materializzazione" delle Dogane? Iannuzzi:
Da qui al 2020 le dichiarazioni doganali di
importazione ed esportazione saranno completamente de materializzate, traducendosi in un flusso
informatico delle scritture contabili tra dichiarante doganale e Agenzia delle
dogane. Le dichiarazioni di importazione saranno effettuate successivamente
all’arrivo della merce, rendendo necessaria una semplice comunicazione degli
arrivi. Pertanto non più operazioni contestuali ma successive all’arrivo e anche,
probabilmente, alla messa in consumo della merce. Come si può vedere
i cambiamenti operativi sono molteplici sia nel periodo transitorio,
considerato di fatto un limbo tra vecchio e nuovo codice, e sia dopo il 2020
dove l’applicazione del nuovo corpus normativo sarà completamente applicabile. È di fatto un
work in progress costante che vede impegnati la Commissione Europea (DG Trade)
da una parte e le Dogane comunitarie dall’altra a chiarire i
precetti normativi ed a renderli operativamente applicabili.
Quali i riflessi e gli
effetti per gli operatori del nostro settore? Iannuzzi:
E’ connaturata a
ogni intervento di semplificazione una sorta di sottrazione della materia
innovata alla conoscenza di pochi; così come è connaturata a ogni spinta alla
telematizzazione una riduzione delle risorse, intellettuali e operative,
destinate ai compiti non più manuali. Una lettura sistematica dei mutamenti legislativi e delle
interpretazioni di prassi - comunitaria e nazionale - degli ultimi anni, nonché
delle loro declinazioni operative (pre-clearing e fast corridor, in primis)
denota un legame sempre più stretto tra dogana e logistica.
Insomma una sorta di
rivincita degli operatori economici? Iannuzzi: E’ innegabile una ritrovata volontà,
da parte degli operatori economici, di ricondurre la gestione del momento
doganale, fino ad oggi sovente e colpevolmente abbandonata al controllo e agli
umori dei brokers doganali, all’interno delle strutture aziendali, un’esigenza
di ownership, esercitata direttamente o indirettamente, dei processi e dei
flussi logistici e doganali legati ai traffici internazionali, relativi sia
alla supply chain, sia alla successiva fase di distribuzione dei prodotti.
Quali sono le sfide
che i doganalisti si troveranno ad affrontare nel medio periodo? Iannuzzi: L’apertura
del mercato a una concorrenza europea, grazie all’abolizione dei limiti
territoriali di esercizio della professione; l’esigenza di innalzare il livello
qualitativo dei servizi prestati, conseguente alla sempre minore importanza che
la dichiarazione doganale, intesa quale documento non più cartaceo, bensì
telematico (e proprio in quanto telematico), assume nell’ambito del processo di
sdoganamento delle merci. Il tutto in un mutato contesto normativo e operativo, che
sembra avvalorare la tesi che vede l’operazione doganale quale naturale
complemento della più generale operazione di trasporto; tesi
propugnata e commercialmente seguita con particolare aggressività da parte dei
grandi corrieri internazionali, in grado di offrire gli essenziali (e nulla
più) servizi di presentazione della dichiarazione doganale a tariffe non
proponibili per i restanti brokers, in quanto momento della ben più
remunerativa catena logistica e non, come per i secondi, quale core business
della propria attività.
E quindi muta anche il
ruolo dei brokers doganali? Iannuzzi: Da sempre i servizi offerti dai
brokers doganali sono stati considerati quali prestazione d’opera
essenzialmente operativa, da svolgersi a seguito di specifiche istruzioni
dettate dal committente, tutte le attività di studio ad essa connesse essendo
comunque finalizzate alla conclusione dell’operazione doganale. In uno scenario dove la redazione e la
predisposizione delle dichiarazioni assume sempre meno centralità nel complesso
delle attività di carattere doganale, è di tutta evidenza come l’attenzione si
sposti sui bisogni precedenti e sulle necessità successive alla dichiarazione
stessa: se la
telematizzazione estrema consentirà una maggiore semplicità del momento
dichiarativo, altrettanto non potrà dirsi del momento di analisi e studio delle
necessità legate ai traffici internazionali, dei quali la dogana rappresenta (e
ancor più rappresenterà in futuro) l’elemento fondante. La discrasia
oggi esistente, che vede sovente gli operatori economici costretti a rivolgersi
ai brokers doganali per le necessità operative e ai consulenti doganali per
quelle di analisi e sviluppo dei traffici, con un ingiustificato incremento dei
costi, potrebbe
risolversi nel medio periodo con l’insourcing della prima attività,
sempre più automatizzata e semplificata e con il mantenimento dell’outsourcing
della seconda, maggiormente tecnica (coinvolgendo più discipline) e di
difficile collocamento all’interno dell’azienda.
Sono
dunque, la specializzazione e la speculazione il futuro degli spedizionieri doganali? Iannuzzi:
Anche , ma non solo un mutamento di attività,
come dicevamo, bensì una vera rivoluzione culturale, che vedrà sopravvivere solo i
soggetti meglio organizzati, preparati e disposti ad intercettare le nuove
esigenze del commercio internazionale, senza preconcetti rifiuti settoriali.
Il vostro corso ha un
taglio pratico-operativo: può fare un esempio di un aspetto che tratterete e di
come lo tratterete durante il corso? Iannuzzi: Più che esemplificare un aspetto
operativo, oggetto della nostra attenzione, preferisco sintetizzare, in questa
sede, le ragioni di tale scelta. Così
come ogni impresa ha ormai ben chiara la necessità di una pianificazione
fiscale delle attività, altrettanto chiara deve essere, per chi opera
correntemente con l’estero, l’utilità, se non la necessità, di una
pianificazione doganale. Che
potremmo definire così: considerando ormai generalmente accettata l’evidenza di
come “l’elemento dogana" rappresenti un costo per le imprese, sia in termini
economici, sia in termini di tempo, l’attività di pianificazione doganale consiste nell’esame
dell’asset esistente della catena di approvvigionamento dell’impresa, comprese
le esigenze di natura logistica e nella ricerca di possibili soluzioni, di
natura sia logistica, sia doganale (ad esempio, scelta del regime doganale più
conveniente, verifica della possibilità di ottenere autorizzazioni doganali ad
hoc, verifica delle condizioni logistiche e di trasporto, ecc.), le quali,
nel rispetto della normativa e delle regole internazionali che disciplinano
tali attività, possano
garantire un saving sia in termini economici, sia in relazione alle tempistiche
e alle modalità di approvvigionamento. Non sono, infatti, solo i costi economici a determinare le scelte
degli operatori; le tempistiche di approvvigionamento e di sdoganamento
costituiscono elementi altrettanto decisivi nell’iter decisionale. Ogni
cambiamento porta con sé un’opportunità di business; ogni opportunità di
business si giustifica in termini di saving economici e di tempo; è quanto
proveremo ad applicare ad ogni istituto esaminato durante il corso.
A parer suo il nuovo Codice favorirà le nostre esportazioni? Iannuzzi: Credo che, in via preliminare, occorra chiarire il concetto di “nostre esportazioni" ovvero se si intenda le esportazioni delle aziende italiane o le esportazioni effettuate in Italia, anche da soggetti esteri che qui operano. Sotto quest’ultimo aspetto, infatti, la nuova definizione di esportatore, di cui all’art. 1, § 1, Reg.to (UE) n. 2446/15, che riserva tale status ai soggetti residenti nella UE, non ricomprendendo tra questi ultimi gli operatori economici extra-UE che in Italia siano solo fiscalmente riconosciuti o abbiano un rappresentante fiscale, sembra penalizzare le loro operazioni sul nostro territorio, pur nell’interpretazione meno restrittiva recentemente formulata dall’agenzia delle Dogane, in linea con il pensiero dei servizi della Commissione UE. Per il resto, una norma, asettica nella sua formulazione, in quanto destinata a trovare applicazione in ordinamenti giuridici diversi, difficilmente può, di per sé, avere impatti diretti sull’operatività delle aziende. E’ la linea interpretativa adottata nel singolo Stato membro, la volontà di farsi carico di un’opera di semplificazione derivata, chiamata a trasferire nelle procedure operative la volontà del legislatore comunitario, creando le condizioni, anche infrastrutturali (come la migliore funzionalità delle realtà portuali e dei canali di trasporto), per l’incremento dei flussi in export, a determinare ricadute positive (o negative) sull’attività delle transazioni internazionali. Speriamo, quindi, che la nostra autorità doganale, al pari di quanto già avviene altrove, sappia interpretare pienamente il ruolo di partner degli operatori commerciali, prefigurato dal legislatore quale ineliminabile presupposto per la concreta realizzazione della sua opera di semplificazione.
A cura di Ornella