Riflessioni a 360 gradi sull’economia e la logistica italiana. E’ quanto emerge da questa intervista al presidente di Assologistica, Andrea Gentile.
L'economia italiana cresce più lentamente rispetto all'area euro. Il gap sta aumentando. Come vede il futuro della nostra economia?
GENTILE: Secondo quanto rilevato dall’ISTAT nel secondo trimestre 2018 il Pil italiano è cresciuto di appena lo 0,2%, contro lo 0,3% del primo quarto dell’anno. E’ vero, rispetto agli altri Paesi del G7 abbiamo una crescita rallentata, ma gli analisti dicono che su base annua si nota un rallentamento generale di tutti i Paesi di questo raggruppamento, con una crescita passata (rispetto agli stessi periodi del 2017) dal 2,6% del primo trimestre 2018 al 2,5% del secondo. Le ragioni che frenano lo slancio della nostra economia vengono solitamente individuate nella difficoltà di mettere al passo la nostra pubblica amministrazione e la nostra struttura produttiva con le sfide della globalizzazione e dell'inderogabile innovazione tecnologica. Ci sono gap per combattere i quali già il precedente governo aveva messo in atto alcune misure (penso, ad esempio, al piano nazionale Industria 4.0). Nel libro “I sette peccati capitali dell’economia italiana“ l’economista Carlo Cottarelli individua le colpe di cui si macchia da decenni la nostra economia: burocrazia pesante e imperante, corruzione, crollo demografico, divario di sviluppo tra Nord e il Sud, evasione fiscale, giustizia lenta e incapacità di comprendere i vincoli economici europei. Ecco, direi che i tempi sono maturi (forse fin troppo) per decidere di invertire la rotta, liberandoci da questi peccati.
Cosa si attende dal governo in tema di politica industriale?
GENTILE: Posso dire che mi attendo che questo Governo dia vita a un “contesto" operativo in cui si esprima una corretta competizione di mercato e dove l’iniziativa privata non sia appesantita da eccessivi vincoli burocratici,con una tassazione non opprimente e dove l’intervento pubblico favorisca i necessari investimenti (soprattutto infrastrutturali, si pensi alla tragedia del ponte Morandi di Genova). Occorre avere visione: investire e produrre beni industriali è importante, ma non è sufficiente, se mancano una logistica efficiente, un mercato dei capitali e un’organizzazione del lavoro adeguati e una burocrazia snella. Voglio però essere un ottimista-realista e ricordare che vale la pena scommettere sulle qualità di un'Italia che, anche dopo la crisi, continua a essere il secondo Paese manifatturiero europeo, con un'incidenza della manifattura sul Pil del 29% in Lombardia, ma che arriva anche al 27% in Toscana, Marche e Umbria (media dell'Italia 17%, obiettivo secondo l’Unione Europea al 20% di qui al 2020). E se l’Italia – nonostante tutto - continua a crescere (di poco, ma cresce) è grazie al dinamismo delle sue imprese che, pur tra mille difficoltà, hanno una cultura di mercato internazionale.
Questa crescita “frenata" può trovare un ulteriore ostacolo nell'attuale rallentamento del commercio mondiale, dovuto anche alle tensioni sui dazi. Una situazione che può penalizzare il nostro export. Considera tale prospettiva preoccupante?
GENTILE: La guerra dei dazi innescata dall’amministrazione Trump può causare danni rilevanti alla nostra economia caratterizzata da una forte vocazione all’export. Prendiamo il settore dell’agri-food: la battaglia dei dazi potrebbe mettere a rischio i circa 4 miliardi di export agroalimentare made in Italy che nel 2017 hanno preso la strada degli Usa, i quali – secondo Coldiretti – sono tra i principali italian food buyer dopo Germania e Francia. Quello che però crea maggiori preoccupazioni è l’effetto collaterale del protezionismo, ovvero la perdita di posti di lavoro dovuta a squilibri di mercato: ad esempio, i materiali ferrosi di altri Paesi, trovando un blocco nelle politiche doganali americane, finirebbero per riversarsi in massa in Europa con un’offerta sovrabbondante sul mercato europeo, danneggiando la produzione interna, con conseguenti effetti sull’occupazione.
Gli investimenti nel settore industriale sono recentemente cresciuti, essenzialmente nel centro-nord, per effetto del Piano nazionale impresa 4.0 che spinge sull'innovazione. Questa crescita tecnologica “lato" industria quali conseguenze può avere sul sistema logistico nazionale? Esiste l'esigenza che la logistica si allinei all'industria sul piano dell'innovazione?
GENTILE: Assolutamente sì, quando si parla di logistica si parla in senso più ampio di supply chain e in una catena tutti gli anelli devono essere allineati e dialogare ad armi pari, anche quanto queste armi sono immateriali, come nel caso della digitalizzazione dei flussi e dei processi logistici. Il cambiamento innescato dalla cosiddetta 4a rivoluzione non solo è epocale, ma anche soprattutto trasversale, interessando tutto il mondo produttivo, logistica inclusa.Senza un adeguamento di tutti gli anelli della catena si corre il rischio che situazioni complesse esplodano, con costi fuori controllo e l’incapacità di rispondere alle richieste del mercato.
In un “cammino" verso tale allineamento, qual è l'attuale punto di partenza della nostra logistica e cosa può e deve fare Assologistica per agevolarlo?
GENTILE: L’allineamento ovviamente non riguarda i grandi gruppi e le multinazionali del settore, quanto piuttosto lo zoccolo duro del nostro settore composto per lo più da medio-piccole aziende. E qui il lavoro più importante che l’Associazione può fare è quello divulgativo-formativo, rendendo edotte le imprese associate dei vari strumenti messi a loro disposizione. In questa direzione vanno alcuni degli interventi messi in atto dalla nostra visione Cultura e Formazione che ha organizzato ben due convegni su questo tema. Siamo in presenza di una rivoluzione e le resistenze al cambiamento possono essere fatali: chi non cambia muore. Cambiano i metodi di produzione, così come si trasformano i processi logistici di un'azienda: a questo cambiamento non resta che adeguarsi. Come, con quali strumenti e in che misura? La risposta a tutte queste domande parte in primis da una corretta informazione e qui, come dettom il ruolo di Assologistica è pregnante.
Le grandi multinazionali logistiche stanno investendo molto a livello globale sull'innovazione. C'è il rischio che le nostre aziende restino indietro e diventino meno “attrattive" in uno scenario del genere, specialmente alle prese con un'industria italiana che punta molto sull'esportazione e che quindi possa scegliere, appunto, come partner logistico le multinazionali? Cosa si deve fare per evitare un simile trend?
GENTILE: L’unica strada percorribile per le PMI del settore è fare sistema.E questo processo oggi, grazie anche al ruolo dell’innovazione digitale, sembra essere più facilmente raggiungibile. Quello che conta è la volontà di puntare dritti su questo obiettivo, supportati anche a livello più generale di sistema Paese. E qualche risultato in questa direzione sembra farsi strada; non mancano infatti esempi di PMI logistiche che hanno creato network coi quali hanno approcciato anche mercati internazionali.
Le chiedo un parere in generale. I “meccanismi" dell'economia mondiale dopo la crisi sono radicalmente cambiati e come notano tutti gli analisti non saranno mai più quelli di prima. A suo parere, il nostro Paese, a tutti i livelli, da quelli imprenditoriali a quelli istituzionali a quelli associativi, ha recepito fino in fondo tale cambiamento?
GENTILE: Da noi il maggior freno alla ricezione di questo cambiamento continua ad essere, a parer mio, il peso della componente “burocrazia". Il World Economic Forum posiziona l’Italia al 136° posto, davanti solo a Brasile e Venezuela, tra i Paesi più “malati" di burocrazia. In un recente studio di Confindustria-Assolombarda si sono analizzati i tempi necessari a un’impresa per aprire uno stabilimento, fattore considerato fondamentale nell’aumentare la competitività economica di un Paese e attrarre investimenti: vi sono imprese italiane che hanno dichiarato tempi superiori a 4 anni. Un’eternità in un mondo dominato dalla connettività realtime.
C'è un nuovo ministro dei Trasporti e ci sono importanti problematiche logistiche e infrastrutturali aperte, oltre alla drammatica situazione creatasi a Genova, come, ad esempio, le connessioni dell'ultimo miglio in tanti nodi essenziali del nostro sistema nazionale mobilità merci e lo sviluppo dell'intermodalità da consolidare e portare avanti. Cosa si attende Assologistica dal nuovo governo?
GENTILE: Più che dare ricette su singoli provvedimenti e aree di intervento noti a tutti gli attori del comparto, posso dire di attendere che il Governo continui nella linea di interventi di politica industriale avviati in questi ultimi anni, rimuovendo soprattutto quegli ostacoli che frenano l’applicazione di norme già esistenti: penso in primis allo sportello unico doganale e alla sburocratizzazione delle procedure doganali.
Lei di recente è intervenuto in un convegno a Foggia sulle esigenze della logistica nel Mezzogiorno. Esigenze che dovrebbero crescere con l'istituzione delle Zone Economiche Speciali, tema quest'ultimo di grande rilevanza e che può rappresentare una fondamentale leva per lo sviluppo del Sud, anche delle aree portuali. Come vede questa nuova possibilità e cosa pensa si debba fare per “velocizzarla" e concretizzarla?
GENTILE: La Zes rappresentano un fattore positivo per l’economia del Sud, a patto che si eviti di incappare in alcuni errori che sono stati, ad esempio, commessi in alcune Zes africane; queste ultime non hanno prodotto i risultati sperati a causa della mancanza di infrastrutture e delle inefficienti burocrazie che hanno finito per scoraggiare gli investitori. L’avvento delle Zes potrebbe stimolare positivamente nel breve periodo un’economia poco solida come quella meridionale, favorendo l’accesso di nuovi investimenti e crescite occupazionali, ma i nodi di lungo periodo prima o poi finirebbero per riproporsi (gap infrastrutturale, PA inefficiente, ruolo della criminalità organizzata…).Occorre quindi partire con un programma che non sottovaluti certi aspetti, favorendo al contempo il coordinamento fra tutti gli attori convolti e in primo luogo le Autorità di Sistema Portuale.
Un'ultima domanda. Esiste nella società italiana una molto diffusa richiesta a “fare rete". Ciò coinvolge anche il settore logistico. Assologistica cosa può fare per venire incontro a tale esigenza?
GENTILE: Credo molto nel favorire incontri che illustrino le opportunità di questa esigenza di networking. Con Assologistica Cultura e Formazione abbiamo in programma corsi ed eventi ad hoc su tale tema. C’è un detto che dice “prima nel pensiero e poi nella mano". Bene: l’opera di disseminazione di pensieri atti a far crescere il sistema a rete anche nel nostro settore Assologistica l’ha innescato. Vedremo che frutti potrà dare.
DI ORNELLA GIOLA