01/12/2020

Massimiliano Montalti AD dell'operatore MWM

Dove va l’export italiano? E con esso come si muove la nostra logistica? Il tema è al centro di un’intervista - apparsa sul magazine Euromerci – a Massimiliano Montalti, vicepresidente di Assologistica con la delega all’internazionalizzazione e amministratore delegato della MWM, azienda leader nei servizi doganali. Inoltre, Montalti, con la MWM, è anche socio, a Dubai, della Tripharma Logistics, insieme alla Columbus Logistics, azienda di Cornano, Milano, e alla RHS Logistics, uno dei maggiori operatori logistici locali. 


 Massimiliano Montalti


La vendita all’export franco fabbrica nel nostro paese non tramonta mai...

Montalti:  E’ storicamente così, anche se ritengo che oggi ci sia una maggiore considerazione rispetto al passato sul valore della logistica. Molti di coloro che esportano si stanno rendendo sempre più conto che devono affrontare molte problematiche e che spesso non basta vendere il prodotto, ma che bisogna accompagnarlo anche con un servizio. In passato non era così. E’ già un passo avanti. Certo è che il vendere Ex works è un danno sia per l’erario italiano, basti pensare all’Iva, sia per la stessa azienda che rinuncia a un fatturato aggiuntivo. Oltretutto, tale metodo di vendita, in generale, ha reso più debole il sistema logistico nazionale nel suo complesso perché ha sottratto potenziali clienti. C’è da aggiungere che il produttore del bene, che viene così venduto, a lungo termine indebolisce la sua posizione, rischia di perdere peso contrattuale, quando non rischia addirittura di essere ricattato non solo dal compratore, ma anche dal trasportatore, una volta che le relazioni e l’organizzazione della vendita e della consegna si sono radicate. Lo abbiamo visto accadere diverse volte. 



Oltre questi aspetti, in sede di discussione Incoterms, molti esperti hanno sottolineato che l’Ex-works ha per il venditore altri rischi. Cosa pensa al riguardo? 

Montalti: Assolutamente d’accordo. La scelta dell’Ex Work è fatta dal venditore industriale con l’intento di evitare ogni responsabilità. E’ un’illusione perché con questo sistema, per fare un esempio, non ha nulla in mano che provi la vendita e l’esportazione, in quanto non ha rapporti contrattuali con lo spedizioniere e con il vettore e, quindi, ha grandi difficoltà, in caso di controversie, magari sul pagamento dell’Iva, a dare prova dell’esportazione. Sarebbe molto più sicuro per il venditore abbandonare l’Ex Works, passando a un Incoterms un gradino più avanzato, l’FCA (Free carrier). In questo caso il costo del trasporto è sempre a carico del compratore che deve anche indicare chi organizza la spedizione, ma le merci sono consegnate in un momento e in un punto concordato e la documentazione necessaria per l’export deve essere preparata dal venditore, che si occupa anche dei costi doganali. Con tale sistema il venditore ha in mano una precisa documentazione. 



Lei ha appena sostenuto che a fianco del prodotto deve esserci un servizio. Mi spiega meglio questo aspetto? 

Montalti:  Oggi le cose sono più complicate che in passato, anche perché il mercato è più difficile, più sofisticato e c’è più concorrenza. Quindi chi esporta deve necessariamente conoscere le procedure doganali, deve essere in grado di scegliere il miglior modo di trasportare la merce, specie se è “delicata" o deperibile, deve conoscere con precisione il transit time e così via. Per spiegarmi meglio le faccio un esempio che è capitato alla mia azienda. E’ venuto un produttore di vino a chiedere un preventivo per la spedizione di un container di vino in Cina. Noi lo abbiamo preparato, inserendovi il trasporto in un container refrigerato, per difendere la qualità del prodotto, che sarebbe stato a rischio in un viaggio così lungo. Non l’abbiamo più visto. Poi abbiamo scoperto casualmente che aveva eseguito la spedizione attraverso una compagnia marittima che aveva messo il vino in un semplice container. All’arrivo in Cina, il vino all’interno delle bottiglie si era danneggiato e il cliente cinese ha rifiutato il carico. Il venditore ha così perso un cliente. Probabilmente ha scelto la maniera di spedire la merce sulla base del costo più basso, sbagliando. Oggi, ripeto, il rapporto qualità-prezzo della spedizione è importante e può essere assicurata solo da consulenti logistici preparati. Per questo dico che l’aspetto logistico ha, attualmente, più valore. 


Questo vale per un produttore anche nella ricerca di un nuovo mercato?
Montalti: Credo che l’epoca dell’improvvisazione sia tramontata. Se si vogliono esplorare nuovi mercati, occorre muoversi in maniera strutturata. E’ vero che c’è l’aiuto dell’Ice, ma le cose da conoscere sono tante e bisogna quindi affidarsi a un consulente specializzato, a un logistico che già conosca bene il mercato nel quale si vuole entrare, che conosca, come accennavo prima, procedure doganali, le possibilità per l’inoltro alla destinazione finale del prodotto, le leggi locali, le modalità d’uso per i pagamenti, anche la cultura del paese. Bisogna mettere in piedi un progetto, anche importante. Per questo dico che la logistica deve essere fortemente rivalutata in funzione di uno sviluppo dell’esportazione. 

La struttura che Montalti gestisce a Dubai assieme a Stefano Bianconi


Lei ha è socio di un’azienda logistica situata a Dubai. Come è giunto a questa scelta? 

Montalti:  Insieme a Stefano Bianconi, della Columbus Logistics, abbiamo deciso di aprire un’attività all’estero, mirata alla logistica farmaceutica. Abbiamo scelto come area il Medio Oriente. Abbiamo visitato Iran e Dubai. Alle fine, anche con le restrizioni che hanno colpito l’Iran, abbiamo scelto la seconda destinazione. Fortunatamente, per restare nel tema di prima, attraverso un consulente, abbiamo trovato un partner locale molto interessato e molto forte. Così siamo andati avanti. Senza un’adeguata assistenza non avremmo potuto concludere la fase contrattuale, definire la struttura societaria, equilibrare le spese tra le parti, chiedere licenze. Se pensiamo alle difficoltà che in termini burocratici riesce a creare l’Italia, figurarsi cosa potrebbe succedere senza una guida a Dubai. 


Paolo Giordano


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