25/03/2025

IVA agevolata per le opere d'arte: la chiave (smarrita) per un'Italia più competitiva

Dopo la promessa di una revisione dell’Iva nell’ambito del mercato dell’arte, il Governo Meloni ha fatto un passo indietro, lasciano l’aliquota al 22%, una cifra sproporzionata rispetto alle aliquote in vigore in altri Paesi Ue, come la Francia (al 5,25%) e la Germania (al 7%). Il Decreto Legge n. 201 del 27 dicembre 2024, noto come “Decreto Cultura”, approvato definitivamente e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 febbraio 2025, non ha infatti incluso la prevista riduzione dell’IVA sulle opere d’arte, lasciando sconcertati gli attori di un settore davvero significativo per il nostro Paese, da sempre celebrato (sic!) come culla dell'Arte e del Bello a livello mondiale.

In un panorama di crescente competizione tra i Paesi dell’Unione Europea, ogni Stato cerca di attrarre investitori per consolidare la propria economia. Una delle strategie più lungimiranti adottate da alcuni Paesi consiste nell’applicazione di un’aliquota IVA agevolata sull’importazione e la vendita di opere d’arte, una scelta che rappresenta un forte incentivo per attirare ricchezze e investimenti all’interno dei propri confini.

L’Italia, culla della cultura e dell’arte, potrebbe trarre enorme vantaggio da una simile politica fiscale. Un'aliquota ridotta renderebbe il nostro Paese una meta privilegiata non solo per nuovi investitori, ma anche per operatori già attivi in altri Paesi europei. Le agevolazioni fiscali potrebbero, infatti, spingerli a considerare un possibile trasferimento delle loro attività sul nostro territorio.

Non solo: questa strategia avrebbe un impatto positivo che si estenderebbe ben oltre il mercato dell’arte. L’aumento delle transazioni legate alle opere artistiche potrebbe generare nuovi indotti in settori correlati, come il turismo, consolidando ulteriormente il ruolo di arte e cultura quale pilastro fondamentale dell’economia italiana.

Sul dietro front governativo e sulla possibili conseguenze di questa scelta, anche per il settore della logistica, abbiamo sentito alcuni dei maggiori operatori attivi in un settore, quello della logistica dell’Arte, che occupa – a vario titolo – circa 30mila persone.

Di Ornella Giola e Tiziano Marelli

Foto FERCAM Fine Art (Alberto Novelli)

 

Alvise di Canossa

Presidente di Art Defender e Logistica Arte, Raggruppamento di Assologistica

Come spiega dal suo punto di vista il dietro-front del Governo sulla inizialmente prevista revisione dell’Iva nell’ambito del mercato dell’arte?
Devo confessare che la decisione improvvisa e inaspettata da parte del Relatore di ritirare l’emendamento riguardante il taglio dell'Iva per gli acquisti di beni d’arte, dal 22% al 5%, inserito nel DDL Cultura che stava per andare in votazione per la sua definitiva approvazione, ha colto tutti di sorpresa ed è stata una vera doccia fredda per tutti coloro che operano in questo campo, un cluster oggi di circa 30.000 persone che a vario titolo ne sono coinvolte.

Quali potranno essere le conseguenze per il mercato e nello specifico per gli operatori logistici del settore?
Le motivazioni tecniche, per quanto riguarda la formulazione dell’emendamento stesso e il fatto che potesse essere inserito nel DDL Cultura, dovevano evidentemente ancora trovare il consenso ultimo da parte dell'Amministrazione Pubblica, intesa come le varie componenti che le danno vita, ma francamente nessuno ha ben chiaro il perché di questa repentina decisione. Oggi, in Italia, il mercato dell’arte, la circolazione delle opere, la loro valorizzazione e le misure intese a contenere e contrastare al massimo gli abusi e le illegalità hanno la necessità di procedure che possano semplificare le norme, renderle omogenee con il resto dei Paesi membri dell’Unione Europea e, soprattutto, rendere definitivamente trasparente il tratto economico che ne sottintende ogni passaggio.

Cosa si può ipotizzare di intervenire nell’immediato per tentare di trovare una soluzione al problema?
La concorrenza francese e tedesca - con l'Iva rispettivamente al 5,25% e al 7% - ha in sé la capacità di distruggere nel breve un intero settore che da sempre, pur essendo una nicchia, ha caratterizzato il nostro mercato se non altro perché da secoli, proprio in Italia, si è creata l'Arte e si è condiviso il Bello. Non basta più adulare il nostro Paese sostenendo il suo ruolo di Patria della Storia dell'Arte, di essere l’Arte il "petrolio" della nostra economia, collegando la Cultura al Turismo, ma bisogna dare correttamente il via a un percorso in cui il concetto dell'Economia della Cultura, anche di mercato, trovi la sua giusta collocazione nel progetto Paese. Non c'è un settore che non sia fortemente penalizzato da questa decisione, tra cui anche quello della logistica, dove si dovrà forzatamente diminuire la propria capacità operativa, perché caleranno le prestazioni richieste. Sono per altro convinto che tutte le manifestazioni che si sono moltiplicate in questi giorni, a sostegno dell'emendamento caduto, hanno avuto l’effetto di spingere il mondo politico a domandarsi a chi potesse portare giovamento una misura del genere e davanti ad una logica risposta negativa, a riprendere in modo organico il confronto con le varie componenti deliberanti, per dare corso ad una riforma che possa permettere la ripresa del mercato e riportare l’Italia ad avere anche in questo straordinario ambito, quello dell’Arte, un ruolo centrale nel mercato mondiale.

 

Antonio Addari

Amministratore Delegato di Arteria

Come spiega dal suo punto di vista il dietro-front del Governo sulla inizialmente prevista revisione dell’Iva nell’ambito del mercato dell’arte
Si tratta di un inspiegabile dietro-front, probabilmente dettato dal poco interesse per il mercato dell’arte o per la paura di una riduzione degli incassi fiscali. Sarebbe auspicabile un allineamento dei paesi Cee a livello di Iva sia per le importazioni che per le cessioni.

Quali potranno essere le conseguenze per il mercato e nello specifico per gli operatori logistici del settore?
In sintesi un mancato sviluppo e incremento della movimentazione dell’arte e, per le importazioni, un dirottamento delle operazioni verso i Paesi con minori aliquote.

Cosa si può ipotizzare di intervenire nell’immediato per tentare di trovare una soluzione al problema?
Difficile rispondere a questa domanda: esistono già importanti pressioni che però non stanno dando i risultati auspicati. Forse potrebbe avere efficacia politca la realizzazione di uno studio sulla possibile crescita di importazione di opere d’arte da parte di nuovi collezionisti, anche stranieri, con conseguente incremento delle entrate fiscali.

 

Matilde de Marinis

Amministratore Delegato di de Marinis Fine Art Services & Transports

Come spiega dal suo punto di vista il dietro-front del Governo sulla inizialmente prevista revisione dell’Iva nell’ambito del mercato dell’arte?
Il dietro-front del governo sulla revisione dell’Iva nel mercato dell’arte si può spiegare con ragioni di tipo fiscale (legate a timori di riduzione del gettito) che però testimoniano una totale cecità sulla questione in quanto, nel concreto, penalizzano il mercato dell’arte italiano. Quindi è davvero difficile riuscire a inquadrare le motivazioni razionali di un tale cambio di rotta. Se poi tale atteggiamento fosse da ascrivere a una sorta di crociata contro il lusso, che inquadrerebbe il mondo dell’arte e dei collezionisti in questo ambito ristretto, c’è da dire che tutto questo andrebbe a colpire una serie di filiere molto meno “di lusso” strettamente collegate al settore culturale. Mi riferisco alla filiera del turismo, quindi dell’accoglienza, della ristorazione e dei viaggi in genere.

Quali potranno essere le conseguenze per il mercato e nello specifico per gli operatori logistici del settore?
La discrepanza tra una aliquota Iva in Italia dal 10% o 22% e quella francese al 5,25% e quella tedesca la 7% sostanzia di fatto un notevole svantaggio per gli operatori del settore poiché è palese che una aliquota Iva più alta scoraggia gli investimenti in Italia. In questo scenario si accentua la difficoltà di competitività del nostro Paese che potrebbe indirizzare consulenti, case d’asta ed acquirenti internazionali proprio verso quei Paesi che offrono un regime fiscale più favorevole, con conseguente diminuzione di vendite di opere d’arte in Italia. Per gli operatori logistici questo stato di cose avrebbe la conseguenza di costi più alti, con ricadute estremamente negative sui clienti. Mantenere l’Iva al 22% può, quindi, danneggiare l’Italia fino a farle perdere la leadership nel mercato internazionale dell’arte.

Cosa si può ipotizzare di intervenire nell’immediato per tentare di trovare una soluzione al problema?
Tra le misure da adottare nell’immediato potrebbe esserci l’introduzione - anche temporanea - di una aliquota Iva ridotta per il settore dell’arte. Ciò potrebbe avvenire tramite decreto-legge con una riduzione tra il 5,5% ed il 7%. Una volta verificato che, l’apparente riduzione del gettito verrebbe compensata da un maggior numero di transazioni, sarebbe poi auspicabile una applicazione strutturale dell’aliquota Iva più favorevole sulle opere d’arte o l’esenzione Iva su certi servizi ad essa legati (ad esempio ai trasporti e alla conservazione delle opere) o sulle opere di giovani artisti, come avviene in alcuni Paesi anche dell’Unione Europea. Misure pensate per sostenere i nuovi talenti ma che avrebbero ricadute anche sul settore della logistica in generale, ampliando il portfolio clienti. Altre iniziative positive potrebbero riguardare gli incentivi - diretti o indiretti - per favorire il settore dell’arte, delle mostre o degli eventi artistici, come crediti di imposta e investimenti in campagne di marketing per attirare collezionisti e investitori esteri, in modo da attivare ottime ricadute sull’intero settore.

 

Matteo Liguigli

Direttore di Liguigli Fine Arts Service

Come spiega dal suo punto di vista il dietro-front del Governo sulla inizialmente prevista revisione dell’Iva nell’ambito del mercato dell’arte?
Certamente oggi esiste una grande concorrenza tra i Paesi dell’Unione Europea. Come le aziende, le singole Amministrazioni statali, cercano di invogliare gli investitori a depositare ricchezze nei propri Paesi e/o a investire sui propri territori e attività. L’applicazione di un’aliquota Iva agevolata da parte di alcuni Paesi per l’importazione e vendita di opere d’arte è una lungimirante manovra per attirare investitori e ricchezze all’interno dei propri territori. Una opzione che potrebbe rendere l’Italia appetibile non solo per nuovi investitori o operatori anche per chi è già stabilizzato in altro “suolo”, viste le possibilità agevolanti che si prospettano e può pensare ad un vicino “trasloco”. Ovviamente, con l’inizio di un incremento di questo meccanismo si vanno ad aumentare indotti di altri settori legati alla presenza della cultura e dell’arte come ad esempio il turismo, ragione per cui il pregio della manovra. Ne risulta che il nostro Paese, se decidesse di approvare l’aliquota specifica ribassata per le transazioni sulle opere d’arte, non solo potrebbe non perdere una parte dei flussi di Iva attualmente presenti, ma facilmente aumenterebbe ancor di più l’indotto che Arte e Cultura già apportano al nostro Paese. Agli esperti e agli analisti decretare se un’Iva ribassata al 5% o 7% invece dell’attuale 10% per le opere d’arte in arrivo sul mercato italiano compenserebbe con indotti e investimenti stranieri possibili l’ammanco di Iva iniziale. Certamente essere appetibile come Paese da parte di un mercato, che a livello mondiale, è fatto di ricchezze varrebbe il rischio accettazione un’aliquota ribassata per il mercato delle opere d’arte in Italia.

Quali potranno essere le conseguenze per il mercato e nello specifico per gli operatori logistici del settore?
Riprendendo quanto sopra accennato, il rischio maggiore è proprio quello di vedere parte del mercato dell’arte attualmente su base nazionale spostarsi in Paesi Europei che offrono maggiori vantaggi. Non meno importante il fatto che quasta scelta politica potrebbe anche ridurre l’indotto di altri settori in Italia e certamente presenterebbe il nostro Paese come meno appetibile per eventuali investimenti.

Cosa si può ipotizzare di intervenire nell’immediato per tentare di trovare una soluzione al problema?
Parlare di “soluzione al problema” dal punto di vista di un imprenditore è quando un fattore terzo incombe su qualcosa di già pianificato. Essendo questa una decisione da prendere volendo “imprendere” sull’Azienda Italia oppure restare legati a meccanismi meno attuali, direi che si tratta solo di scegliere quale direzione dare all’Azienda Italia, e quindi non parlerei di soluzione.

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