“Se vuoi far crescere i numeri, coltiva le tue persone", per noi non è solo una slogan: crediamo fermamente nella veridicità di questa affermazione", Esordisce così Nikolas Bass Kallmorgen di Plan Be (società specializzata in formazione, team building, eventi aziendali e viaggi educational), che il prossimo 7 febbraio organizza, assieme ad Assologistica Cultura e Formazione, il ramo formativo di Assologistica, un workshop dal titolo “La soddisfazione dei clienti, questi sconosciuti". Incontriamo Kallmorgen assieme all’altro socio fondatore della società, Manfredi Pedone, nella sede di Milano di Assologistica. All’appello manca solo il terzo socio di Plan Be, ovvero Paola Di Paola, da poco neo-mamma.
Da sinistra Paola Di Paola, Manfredi Pedone e Nikolas Bass Kallmorgen
Il “formatore" si occupa delle “persone": in un mondo produttivo spesso schiacciato dalla necessità di chiudere i conti, come vi proponete per raggiungere questo obiettivo?
Kallmorgen: Quello che ci preme far comprendere ai nostri potenziali clienti è che, nel lungo periodo, l’investimento sulle persone non può che avere un ritorno anche “numerico" sui loro conti economici. In mercati che evolvono sempre più rapidamente, le competenze hard sono destinate a sorgere e tramontare secondo cicli di vita più o meno brevi ma inevitabili. Le competenze soft, invece, meno soggette al cambiamento, offrono nel lungo periodo maggiori ritorni sulla crescita d’impresa e sul benessere individuale. Proprio per questo Plan Be progetta corsi di formazione e attività di team building funzionali al raggiungimento degli obiettivi aziendali attraverso lo sviluppo del potenziale e la valorizzazione del singolo. A partire dalla consapevolezza che il canale di apprendimento preferenziale degli adulti è quello esperienziale, le nostre aule privilegiano la dimensione del fare, dello scambio e della partecipazione attiva.
Pedone: Ricordo inoltre che una delle maggiori fonti di stress per un manager è la gestione delle persone, conseguentemente se lo si aiuta in tale compito, potrà trarre un notevole beneficio anche nella sua gestione dei numeri.
Quanto appena detto, a parer mio, è fattore acquisito dalle grandi multinazionali, quanto può invece valere anche con una piccola e media impresa?
Pedone: In effetti i nostri clienti sono soprattutto grandi realtà imprenditoriali; ci piacerebbe lavorare maggiormente anche con le PMI, anche perché notiamo una maggiore attenzione alla formazione soft da parte delle PMI rispetto al passato. Capita ancora di entrare in contatto con piccole realtà che – ad esempio – ci dicono che non hanno necessità di svolgere interventi di team building, in quanto già a fine anno le attività si chiudono con una cena tutti assieme; un’attività positiva, ma che non può essere confrontata con un intervento specifico e mirato come può essere la formazione di un gruppo di persone.
Nella vostra presentazione dite di puntare sulla “contaminazione di linguaggi" come punto di forza del vostro intervento formativo: potete spiegare meglio questo concetto?
Pedone: Abbiamo, ad esempio, portato il teatro nella formazione, come anche abbiamo portato la formazione nei viaggi premio o la solidarietà nei team building, con un coinvolgimento concreto in attività da spendere a vantaggio di onlus. Esperienza quest’ultima che ci ha dimostrato di far crescere notevolmente il senso di appartenenza verso la propria azienda, grazie proprio ad attività delle quali è difficile non riconoscere la valenza e l’utilità sociale.
Quali sono le “fonti" a cui vi ispirate nelle vostre attività?
Kallmorgen: Siamo persone con un vissuto personale di esperienze che ci hanno stimolato nella vita e che stiamo trasferendo nel nostro business. Io, ad esempio, amo viaggiare e ho portato questa mia passione nella organizzazione di viaggi educational, grazie ai quali punto a favorire un arricchimento nelle persone che viaggiano con Plan Be. E soprattutto nella nostra formazione puntiamo su approcci che non abbiano un carattere unicamente razionale.
Pedone: Il tutto con lo scopo di mettere sempre al centro le persone con le loro molteplici dimensioni, mentale, fisica, corporea e anche e soprattutto emozionale. Spesso ci richiedono corsi di comunicazione, ma in effetti quello di cui vi è più necessità oggi è l’ascolto, magari partendo proprio dall’ascolto del proprio corpo. Del resto lo stesso teatro, cui spesso facciamo ricorso, punta su una consapevolezza più intima, profonda e omni-comprensiva.
Le vostre proposte formative sono applicabili anche ad imprese del nostro settore?
Pedone: Le nostre proposte sono dirette alle “persone" e quindi hanno un carattere trasversale; noi parliamo spesso di dinamiche di gruppo, le quali hanno dimensione universale e quindi appartengono a qualsiasi settore merceologico.
Quale è, a parer suo, la vera leva della crescita personale? Che cosa spinge veramente le persone/aziende a decidere che è il momento di posare gli attrezzi del mestiere e dedicare tempo alla formazione?
Pedone: Purtroppo dalla nostra esperienza è emerso che talvolta le imprese decidono di investire in formazione dopo avere ottenuto risultati negativi da una survey interna. O in alternativa utilizzano la formazione in chiave cautelativa, ovvero prima di effettuare tale survey, nel timore di sentirsi accusare di non effettuare formazione. Si tratta di un approccio ovviamente riduttivo, che va nella direzione opposta del concetto di investimento di lungo periodo che a noi piace riconoscere nella formazione. Inoltre vorrei chiarire questo aspetto: noi non forniamo formule precostituite, ma spingiamo le persone a trovare la formula giusta per loro stesse: dire, ad esempio, che l’ironia è componente importante per un public speaker può essere corretto, tuttavia se una persona non ha il dono dell’ironia, si rischia di non ottenere i risultati attesi. Quello in cui personalmente credo, per esempio, è non fermarsi a ciò che si vede, ma di andare in profondità, aspetto quest’ultimo che mi proviene dall’esperienza teatrale.
Kallmorgen: Volendo approcciare la questione in modo propositivo, l’ideale sarebbe che le aziende non si fermassero a una logica emergenziale, ma puntassero su una vera e propria programmazione in ambito formativo, diluendola nel tempo, nella consapevolezza che i risultati tangibili di un intervento formativo spesso non sono immediatamente percepibili, ma li si avverte nel lungo periodo. La formazione dà il meglio di sé se la si considera un intervento “preventivo", preparando le persone a far fronte a quelli che in futuro possono mostrarsi come momenti di crisi. Intervenire a posteriori è sempre utile, ma è come mettere dei cerotti su una ferita che c’è già e non lavorare perché questa ferita si rimargini al momento in cui presenta i primi sintomi.
Che differenza c’è tra un formatore e un coach? E lei si ritiene più l’uno o l’altro?
Pedone: Le due figure hanno dei punti di contatto e altri che le differenziano e spesso vengono confuse fra loro. Il coach opera in maniera dialettica, con domande che fanno emergere una risposta; il formatore lavora più sull’apprendimento, sul passare conoscenze, know how, competenze e strumenti. Il coach lavora in un rapporto one-to-one, il formatore con un piccolo o grande gruppo, ma entrambi in taluni momenti del loro intervento possono svolgere le due funzioni (rapporto one-to-one e rapporto di gruppo). Dovendo scegliere mi sento più formatore, dal momento che il coaching si focalizza maggiormente sulla parte razionale e al raggiungimento di un chiaro obiettivo, dimenticando la fisicità, elemento spesso sottovalutato, ma che invece ha ruolo fondamentale nelle dinamiche interpersonali.
Kallmorgen: Anche quando parliamo di viaggi, facciamo in modo che siano fonte di arricchimento personale, in quanto la dimensione del viaggio stessa è parte del processo formativo. Scopo della formazione è mettere semi che consentano nel tempo dei processi trasformativi: per questo ci sentiamo maggiormente formatori.
Con Assologistica C&F proporrete un workshop dedicato alla soddisfazione dei clienti: ne volgiamo parlare?
Pedone: Il cambiamento riguarda tutti, anche i nostri clienti, che sono sempre più informati, esigenti, non solo a livello di qualità del prodotto/servizio, ma anche di erogazione efficiente di tale prodotto/servizio. Quindi vogliono tutto e lo vogliono subito: oggi i prodotti devono essere più efficienti, economici e sicuri al tempo stesso. E così nel corso del tempo la parte “hard" del prodotto/servizio ha perso “importanza" a vantaggio di quella “soft", riuscendo a toccare le corde emotive delle persone. E’ l’emozione che spinge all’acquisto: la pubblicità ci ricorda sempre questo concetto. E non a caso la cosiddetta customer experience è la somma dei desideri che muovono le persone e che sorgono nell’interazione con il brand. Mettere il cliente al centro passa quindi attraverso il toccare le sue corde emotive. A maggior ragione ciò vale con le nuove generazioni. Di questo parleremo il prossimo 7 febbraio.
di Ornella Giola