18/06/2013

Logistica, focus di Assoporti, Federagenti e Fedespedi

Il convegno organizzato a Roma da Assoporti, Federagenti e Fedespedi ha affidato al gruppo Ambrosetti, The European House, il compito di tracciare un quadro aggiornato delle problematiche esistenti e dei fattori che continuano, cronicamente, a condizionare la competitività del sistema logistico e portuale italiano. Fattori che si chiamano inadeguatezza infrastrutturale, mancato riconoscimento del ruolo, peso esorbitante della burocrazia, visione ragionieristica della politica economica del paese. E’ toccato ai tre presidenti delle associazioni che raggruppano i porti (Assoporti), gli interessi delle navi (Federagenti) e quelli della merce (Fedespedi), tracciare un quadro crudo e inquietante del settore, costretto anche a incassare ulteriori elementi di delusione sia nei contenuti del decreto del fare, sia nei nuovi provvedimenti in tema di semplificazione burocratica. Piero Lazzeri, presidente di Fedespedi, ha sottolineato come portualità e logistica possano essere volano per crescita economica, occupazione e competitività del Paese. Ha inoltre evidenziato come interventi prioritari e imprescindibili la necessità di decise azioni di semplificazione normativa e burocratica nelle procedure di import ed export delle merci per ridurre lo spread crescente fra la capacità competitiva del nostro settore e quella dei nostri partner europei. Michele Pappalardo, presidente di Federagenti, ha rimarcato con forza l’esigenza di lanciare una grande operazione trasparenza, per far comprendere all’opinione pubblica ciò che il Palazzo continua a non capire, ovvero l’utilità e il ruolo strategico del comparto marittimo. "Per anni – ha detto Pappalardo – si è creduto nell’idea di poter vivere in un clan. Oggi è il momento di affermare con forza, in tutte le sedi e con un linguaggio diverso, che, senza i porti e senza le navi, l’Italia muore e non ha alcuna possibilità di rilancio e di ripresa economica". Per Luigi Merlo, presidente di Assoporti, è necessario “contaminare il Paese sulle priorità logistiche", chiudendo una stagione di autoreferenzialità, riformando i modelli di rappresentatività del cluster marittimo (in primis la Federazione del mare), lanciando una proposta concreta che passa attraverso un ritorno della politica su questi temi e l’abbandono di una visione ragionieristica della gestione del Paese, che equivale a un suicidio. Merlo ha insistito sul fatto, specie dopo un decreto sul fare che è completamente deludente per il settore, sulla necessità che il ministro dei Trasporti si riappropri della politica del settore. Per altro lo stesso presidente di Assoporti, è intervenuto pesantemente anche sul tema dell’autonomia finanziaria delle Autorità portuali, chiedendo al sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti, Rocco Girlanda, un intervento immediato che il governo “non dotato di bacchetta magica" - come replicato da Girlanda - non sembra essere in grado di attuare. Merlo ha quindi proposto di trasferire alle Autorità portuali il demanio per patrimonializzarlo a vantaggio delle stesse Autorità portuali così come già avvenuto nei porti francesi. Si è infine detto disponibile a lavorare da subito a un testo di una vera riforma globale del settore. Dallo studio presentato da Ambrosetti, studio che ha evidenziato nuovamente come anche solo un allineamento degli standard di efficienza logistica e portuali del Paese alla media Ue produrrebbe, a parità di traffici, benefici per 50 miliardi di euro, sono scaturiti 10 punti di analisi sul settore. Il primo relativo al valore strategico della partita portuale e logistica, quindi al peso economico (2,6% del Pil, con 40 miliardi di euro di fatturato), al ruolo primario nel commercio mondiale (55% sul totale dell’export italiano extra Ue). Quindi alla definizione non univoca del sistema portuale italiano; alla necessità urgente di un intervento sulla governance della portualità; sul peso delle inefficienze burocratiche, sulle opportunità generate da uno sviluppo dei traffici marittimi che oggi mortifica i porti italiani (ogni anno sono ceduti ai porti del nord Europa 441.000 containers teu), sulla frammentazione della portualità nazionale in contrasto con una progressiva concentrazione dei traffici su pochi scali dimensionati per accoglierli e sugli effetti di una parallela concentrazione degli operatori destinati a controllare il mercato. Al convegno sono intervenuti il ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Gianpiero D’Alia e il ministro per le Riforme costituzionali, Gaetano Quagliariello. Dopo aver entrambi insistito sui danni creati dalla cosiddetta legislazione concorrente (che pure non incide sulle scelte per i porti commerciali) e quindi sul contrasto fra Stato e Regioni generato da un federalismo imperfetto, i due ministri hanno rispettivamente (D’Alia) insistito sull’effetto positivo delle semplificazioni anche per quanto il comparto portuale e sulla necessità (Quagliariello) di una grande riforma che consenta di tagliare i tempi di approvazione delle leggi.
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