27/05/2024

Il Nord-Ovest scopre la necessità di un sistema logistico

Per decenni le grandi aree logistiche della Pianura Padana e in particolare di Piemonte e Lombardia, sono state la base di lancio per spedire e ricevere merci italiane utilizzando per il loro sbarco e imbarco, porti, quelli del Nord Europa, a oltre 1200 chilometri di distanza. Per la prima volta, nei prossimi anni, quando i grandi interventi infrastrutturali, come la diga del porto di Genova (in grado di abilitare l’ingresso delle navi porta container giganti), o il terzo valico ferroviario (che abbatterà i tempi di percorrenza dei treni fra Genova e Milano da oltre un’ora e 40 minuti a meno di 50 minuti) il quadro logistico del Nord-Ovest italiano potrebbe registrare una brusca virata di bordo.

Con l’incremento dei traffici nei porti di Genova e Savona, con l’impossibilità dei terminal portuali di utilizzare aree per lunghe soste di container anche vuoti, dedicando invece tutti gli sforzi alla fluidificazione e all’efficientamento dei traffici e degli smistamenti da e per il porto, i retroporti potrebbero diventare la chiave determinante della competitività del sistema portuale italiano. È emerso con una chiarezza senza precedenti oggi a Genova, durante il convegno “La Corona Padana” organizzato dalla Fondazione Slala, chiamato a delineare non una singola area, ma un network di aree portuali nella fascia da Alessandria a Rivalta Scrivia, in grado di diventare davvero (dopo anni di polemiche) il polmone della portualità ligure.

Al centro del dibattito aperto dal sindaco di Genova, Marco Bucci, uno studio condotto dalla Fondazione Slala in collaborazione con il centro di analisi Giuseppe Bono. Studio che non ha mancato di evidenziare ancora molti problemi irrisolti, come quello di uno shuttle stradale o ferroviario dei container fra porti e retroporti. Navettamento che, sommato alla rottura di carico e alla duplicazione della movimentazione, garantisca comunque l’efficienza e la competitività economica di quello che – secondo le previsioni – cesserà di essere un sistema portuale per diventare un sistema logistico integrato.

Ma dal convegno che si è svolto oggi a Genova e che ha polarizzato le opinioni di operatori e amministratori pubblici è emersa con tutta evidenza una necessità di fondo: proprio in  presenza di investimenti per sei più altri sette miliardi in grandi opere infrastrutturali (a partire dalla diga del porto di Genova sino ad arrivare al terzo valico ferroviario Genova-Milano) è oggi indispensabile alzare l’asticella dell’analisi varando – come sottolineato in conclusione anche da Raffaella Paita, coordinatrice di Italia Viva – un vero piano logistico che coordini gli interventi sul territorio e, come nel caso del terzo valico, scongiuri l’eventualità di una sua entrata in servizio senza che siano realizzati in contemporanea i quadruplicamenti di linea da Novi per Milano e Torino, opere ancora al palo.

Sottolineata con forza da tutti i relatori l’obbligatorietà di procedere con queste opere evitando “assurdi condizionamenti” da eventi politici, che avrebbero solo l’effetto di provocare danni al territorio e alle comunità, il convegno ha evidenziato sia il tema dimensionale delle opere in corso di realizzazione, sia quello relativo alla necessità di garantire anche la realizzazione di interventi solo apparentemente minimi (in relazione alla magnitudo delle grandi infrastrutture) ma determinanti per la fluidità dei traffici e l’efficienza del sistema logistico. Il viceministro Edoardo Rixi ha ricordato fra l’altro come queste opere, che fanno del quadrante di Nord-Ovest, la seconda area al mondo (dopo la Cina) per l’utilizzo di talpe per la realizzazione di gallerie e tunnel, siano destinate a generare un contributo di 8 miliardi al PIL nazionale e 180.000 posti di lavoro. Infrastrutture indispensabili per un mercato in continua evoluzione in cui il ruolo di grandi gruppi come Amazon che – è stato ricordato – fanno passare al 100% le merci con destino e provenienza l’Italia attraverso i porti del nord Europa, escludendo sia quelli del Tirreno che quelli dell’Adriatico.

E per la prima volta il convegno di Genova ha segnato una coesione e una concordanza di intenti destinata a estendersi a tutta la macroregione del Nord-Ovest, a partire dai territori dell’alessandrino, del tortonese e dell’astigiano.

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