18/01/2012

Anno 2012: quale futuro per i contenitori?

Ereditando una situazione difficile, in cui molti indicatori macroeconomici sono tornati arancioni se non rossi, il 2012 si apre con il dispiegamento di accordi operativi tra compagnie marittime portacontainer. Il 2011 è stato aspro per tutti i liners mondiali e più di 2/3 di essi hanno riportato perdite. Da una stima diffusa dal Lloyd’s List, a fine 2011 i noli contenitori sulle direttrici commerciali transpacifiche e di Asia-Europa risultavano del 20 e 30% in meno rispetto all’anno precedente. Il parere degli esperti è unanime nel ritenere che sul banco degli imputati di questa scivolata ci sia soprattutto la sovracapacità di stiva per l’introduzione di nuove navi, che ha generato una vera e propria fierce market-share war, ma con sostanziali differenze geografiche. Infatti, sono i traffici sulla direttrice Asia-Europa quelli che registrano le perdite maggiori. Come riportato da Bloomberg, le meganavi che sempre più affollano i mari europei passando per Suez, non possono essere impiegate su altre rotte a causa dei  porti non sufficientemente dimensionati seppur con forti traffici containerizzati, come quelli degli Stati Uniti. Insomma, una pesante complicazione nella gestione operativa ed economica delle portacontainer, che rende più oneroso fronteggiare la compresenza sul mercato di sovracapacità di stiva, rallentamento della crescita economica e rincari del fuel, le cui prospettive non sono ottimistiche. Iniziato entusiasticamente prima della crisi 2008 e proseguito senza soluzione di continuità, il programma di nuove consegne prevede nel corso del 2012 l’introduzione di altre 42 grandi portacontainer, delineando già nella prima metà dell’anno un gap tra capacità disponibile e spazi realmente utilizzati di 1,4 milioni di TEU, corrispondente al 9% della flotta. L’anno prossimo Maersk, che intanto nel 2011 ha preso in consegna 22 nuove unità da 13.000 TEU, riceverà le 20 megaportacontainer da 18.000 TEU Tripla E - Economy of scale, Energy efficiency, Environmentaly improved. Per potersi allineare alla concorrenza e competere sul mercato Asia-Europa anche gli ordinativi delle compagnie asiatiche incalzano. Eccetto Cosco e China Shipping che già operano con navi da 13.000 teu, al momento le compagnie asiatiche con asset di minore capacità sono maggiormente concentrate sulle rotte transpacifiche, ma la situazione cambierà già nel corso di quest’anno man mano che saranno consegnate complessivamente le 26 nuove meganavi programmate. Hanjin Shipping prenderà in consegna 5 navi da 13000 teu, Cosco le raddoppierà portandole ad 8, Hyundai Merchant Marine acquisirà le sue prime 5 meganavi, APL nel 2013 avrà la sua prima meganave, dopo aver ricevuto 10 navi da 10.000 teu. Infine, United Arab Shipping entro fine 2012 da 1 porterà la sua flotta di meganavi a 9, mentre Hapag Lloyd AG riceverà le sue prime 13.000-plus entro questo anno. Intanto, a novembre scorso China Shipping Group ha sottoscritto un ordine del valore di $1,13 miliardi di 12 navi da 10,000 teu.
La motivazione di una tale rincorsa per il mantenimento delle quote di mercato è che l’utilizzo di navi più grandi riduce i costi operativi di trasporto a contenitore per viaggio, generando più profitto ed a detta di alcuni osservatori internazionali, sebbene l’eccesso di stiva caratterizzerà tutto il 2012, avrà un peso minore rispetto al 2011. Tuttavia, resta l’enorme muro del costo operativo, strozzato dall’impennata del prezzo del fuel che ormai copre, con una oscillazione tra il 50 ed il 70%, il totale dei costi.
Dunque i recenti annunci di aggregazione operativa sotto forma di alleanze e accordi tra compagnie assumono il significato della sopravvivenza; di risposta economica di scala al pericolo di accensione della miscela esplosiva di sovracapacità, rincaro dei costi e rallentamento dei traffici. Da aprile prossimo diverrà operativa sul Far East-Europa la G6 Alliance - costituita tra la Grand Alliance (Hapag Lloyd, NYK, OOCL) e la New World Alliance (APL, HMM, MOL) - con 90 navi fino a 14000 teu di portata, che serviranno 40 porti con 7 servizi Asia-Nord Europa e 2 Asia-Mediterraneo. Questo accordo operativo controllerà circa il 20% della capacità di trasporto sulla rotta; mentre MSC e CMA-CGM, entrambe aziende familiari rispettivamente secondo e terzo operatore container mondiale, hanno siglato un accordo operativo vessel-sharing sullo stesso viaggio di lungo termine, con un impiego di 33 navi da 14.000 teu, 11 da 11,400 teu e 9 da 9500teu. Insieme deterranno uno share sulla direttrice commerciale Asia-Europa del 22% (dato che si riaggiornerà alla consegna delle 21 meganavi ordinate complessivamente da due liners). C’è poi la flotta di AP Moeller Maersk, il più grande armatore mondiale di navi contenitori che controlla il 26% della capacità di trasporto marittimo container Asia-Europa e di circa il 15% di quello mondiale, che a parte qualche accordo sparso, naviga da solo. Recentemente ha introdotto sul mercato elementi competitivi di qualità ed affidabilità del servizio, istituendo partenze giornaliere con 23 navi da 13.000 teu sulla direttrice Asia-Nord Europa con partenze e arrivi a orari fissi garantendo rimborsi ai clienti per eventuali ritardi. Per i traffici inframediterranei opera con il marchio SeaGo Line, che nel 2011 ha determinato la crescita dei volumi di Maersk Italia di oltre il 10%, che recentemente si è accordata con Hamburg Sud per la fusione e l’ottimizzazione di alcuni servizi di collegamento Med-Nord Europa con 9 navi da 4200 teu e con Turkon Line per i collegamenti dei principali porti turchi con il West Med. Il resto del mercato container Asia-Europa è conteso da 8 compagnie, organizzate anch’esse in raggruppamenti, come la Nuova Alleanza tra The Green Alliance (Coscon, Hanjin Shipping, Kawasaki Kisen Kaisha, K Line, Yang Ming Line) ed Evergreen per 8 servizi settimanali Asia-Nord Europa e 4 Asia.Med con navi tra gli 8000 e i 13000 Teu.
Comunque, la strategia messa in campo dalle Compagnie per correre ai ripari dovrà ora confrontarsi con due elementi di mercato. Il primo, la crescita dei traffici commerciali mondiali ancor più previsionalmente ridotta al 5,8%, rispetto alle aspettative iniziali del 6,7%, recentemente annunciato dal FMI; il secondo, gli effetti delle perdite economiche per tutto il 2011 causate dalla scivolata di oltre il 50% dei noli sulla rotta Asia-Europa. Da agosto scorso solo a dicembre i noli per i box 20’ dalla Cina verso l’Europa sono saliti per la prima volta dell’1,8% sfiorando i 500$ (mentre secondo Morgan Stanley il solo breakeven sulla rotta è di circa $700). La media 2011 della caduta noli Asia-Europa, rispetto ai valori pre crisi, si è attestata al 64%, a differenza di quelli Asia-Usa, che con minor sovracapacità hanno subito una riduzione del 28%.
Il maggiore shipbroker mondiale, Clarkson, per il 2012 ha stimato la crescita dei volumi Asia-Europa all’3% e quella della flotta di portacontenitori all’8%; poco più ottimista di Alphaliner, secondo cui i valori saranno 3.1% di crescita volumi e 10% l’aumento di capacità; entrambe in discesa rispetto alla crescita dei volumi del 4,5% e quella di capacità di trasporto dell’8% registrato nei primi 10 mesi 2010 da Container Trade Statistics. Nonostante all’inizio di dicembre risultassero 210 navi ferme da 18 mesi per una capacità complessiva di 526,000 teu (fonte Alphaliner), per le compagnie di portacontainer con navi di basso tonnellaggio costituisce un fattore di forza il forte limite di impiego delle navi più grandi. Secondo Barclays Capital, sulle rotte Asia–Europa/Medio Oriente i volumi container ammontano al 29% di quelli globali, mentre quelli transpacifici al 14%. Il mercato principale quindi è dominato da una manciata di grandi players e la conseguenza sarà una competizione sulle rotte minori più feroce. La risposta dei porti europei, gli unici e soli in grado di ormeggiare navi grandi, è lo scatenarsi competitivo in termini di adeguamento infrastrutturale basato sui mercati con forti prospettive di crescita economica di lungo periodo (Mar Nero, East Med, Russia), che possono cambiare l’attuale equilibrio logistico. La Russia, uno dei principali mercati di riferimento dei porti del Nord Europa, sta attuando un piano di sviluppo infrastrutturale portuale coerente con l’arrivo delle meganavi, ad esempio è di poche settimane fa l’annuncio del Nuovo Terminal Container Ustluga sul Baltico che, con oltre 13 m di fondale, entro il 2023 sarà in grado di movimentare 3 mil di TEU all’anno dagli attuali 440.000, servendo tutta la regione di Leningrado.
In Turchia, al confine con la Siria,il porto di Iscenderum è stato acquistato recentemente dal gruppo Limak per realizzare un terminal contenitori di oltre 1.300.000teu all’anno con 15 metri di fondale. In Portogallo, PortoSines in questi giorni ha annunciato l’approfondimento del fondale a 17,5 metri per prepararsi alle navi da 18.000 TEU. Intanto Amburgo attua un piano di promozione di sgravio tasse rivolto solo alle portacontenitori al di sopra degli 11,000 teu, mentre Rotterdam congela le tasse portuali per tutto l’anno e si dichiara già rodata per le grandi navi a differenza di altri porti che per adeguarvisi andranno incontro a gravi problemi di liquidità.
Infine, significativa è la decisione da marzo prossimo della Suez Canal Authority di un’aliquota aggiuntiva del 2% alle portacontainer verso il Mediterraneo con almeno sei tiri verticali sul ponte, all’aumento del 3% delle tariffe di transito annunciato per tutte le navi da marzo prossimo.
In tale complessità, resta ancora insoluta nel nostro paese la comprensione che l’approfondimento e la manutenzione dei fondali non è uno tra i fattori di competizione, non è opzionabile, ma è la premessa per mantenere il mercato delle merci containerizzate sul nostro territorio, che sia di transito, destino/origine o transhpment, e la logistica ad alto valore aggiunto annessa.
Giovanna Visco
Share :