18/04/2013
L’intero settore dell’aviazione (considerando compagnie aeree, aeroporti, industria aeronautica e fornitori di servizi) dà un apporto al Pil nazionale di 15 miliardi di euro, offre lavoro a 500 mila persone e movimenta un traffico di 149 milioni di passeggeri. Ma, dopo l’Atto di indirizzo emanato dal Ministero dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture nel gennaio scorso, premessa fondamentale per il nuovo Piano nazionale per lo sviluppo aeroportuale, rischia di andare incontro a una severa contrazione. A fare le spese di un riassetto del sistema degli aeroporti italiani potrebbero essere 15 dei 46 aeroporti aperti ai voli commerciali, definiti dall’Atto di indirizzo “non di interesse nazionale". Se la scelta di questi siti “minori" verrà confermata in sede di Conferenza Stato-Regioni, essi saranno destinati alle Regioni e per queste realtà si apriranno due scenari diversi: la possibilità di operare con una concessione regionale oppure di essere indirizzati ad altre destinazioni o alla chiusura.
In pratica, dovranno cavarsela da soli e gli enti locali e le Camere di commercio che ne sono soci dovranno decidere se ricapitalizzarli, ripianando le perdite d’esercizio cumulate, a fronte di un piano di riassetto e rilancio, cederne la partecipazione a privati, oppure chiuderli, con tutte le implicazioni del caso. Di questo scenario si è discusso a Roma, nell’ambito di un convegno organizzato da Unioncamere con il supporto di Uniontrasporti.
I 15 aeroporti che l’Atto del ministero identifica come “non di interesse nazionale" sono in ordine geografico quelli di Cuneo, Aosta, Brescia, Bolzano, Albenga, Forlì, Parma, Grosseto, Marina di Campo (Elba), Perugia, Foggia, Taranto, Crotone, Comiso e Tortolì.
Dei 46 aeroporti commerciali rientranti nel Piano nazionale degli aeroporti, 35 sono gestiti da società partecipate da Camere di commercio. Tra i 10 del core network, considerati di rilevanza strategica a livello Ue, le Camere sono presenti in 6, con un investimento complessivo di 48 milioni di euro. Quindici dei 19 aeroporti del comprehensive network (quelli che hanno un traffico superiore al milione di passeggeri annui, ovvero che hanno un traffico superiore ai 500 mila e siano in possesso di ulteriori specifiche caratteristiche, quali l’unicità nell’ambito regionale o il servizio ad un territorio caratterizzato da scarsa accessibilità, ovvero siano indispensabili ad assicurare continuità territoriale) vedono la presenza di almeno una Camera di commercio con una partecipazione complessiva di 49,5 milioni di euro. Infine le Camere partecipano anche alle società di due aeroporti rientranti nella categoria “altri aeroporti" (Rimini, con un trend di traffico in forte crescita, e Salerno, usato per delocalizzare il traffico di Napoli) con 2,1 milione di euro investiti. Tra i restanti 15 scali, 12 hanno le Camere di commercio nella compagine societaria per un valore complessivo di 10,9 milioni di euro. L’investimento finale di 55 enti camerali ammonta quindi a quasi 110 milioni di euro, pari al 15% del capitale complessivamente investito.
La ragione per cui il sistema camerale affronta il tema del riassetto aeroportuale, tuttavia, non è solo legata alla presenza di partecipazioni nelle società di gestione. Infatti, gli investimenti delle Camere nelle infrastrutture, non solo di trasporto ma anche di promozione dell’economia, sono sempre state fatte guardando non a una logica di redditività del singolo investimento, ma agli effetti complessivi per il territorio. La rete camerale, quindi, è consapevole del rilievo del tema sul piano dello sviluppo locale e delle opportunità che si verrebbero a perdere per il territorio, per le sue imprese, per le comunità di riferimento.
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