11/05/2012

A Roma il porto di Trieste presenta il suo piano per la creazione di un punto franco

Lo scalo giuliano si è presentato a Roma, nel Tempio di Adriano, a pochi passi dal Parlamento, davanti a un parterre di banchieri, finanzieri, politici, stakeholders del settore. Trieste è il primo porto italiano a lanciare un grande progetto di sviluppo potenzialmente in grado di invertire il trend recessivo di una macro area economica. Un evento che ha visto la sua apertura da parte del presidente della commissione Trasporti del Senato, Luigi Grillo, del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini e la chiusura del presidente della Commissione Trasporti della Camera dei deputati, Mario Valducci. Il presidente dell’Autorità Portuale, Marina Monassi insieme con il presidente della Camera di Commercio di Trieste, Antonio Paoletti, hanno infatti presentato le linee guida di un piano che fa perno sull’utilizzo intensivo e innovativo di uno strumento unico: una zona franca potenzialmente in grado di attirare capitali e investitori internazionali, radicando in aree portuali attività commerciali, turistiche, industriali, high tech, servizi e finanza, improponibili in qualsiasi altra realtà europea. “Il finanziamento del Cipe della piattaforma logistica di appena alcuni giorni fa – ha introdotto Marina Monassi, presidente del Porto di Trieste - è in ordine di tempo solo l’ultimo, ma decisamente il più importante tassello di un percorso che nell’ultimo anno ha portato notevoli soddisfazioni: dal +50,12 % di tonnellate movimentate in contenitori che diventano ora 4,7 milioni, alla riconferma di Trieste quale hub crocieristico con 40 scali nel 2012 e una previsione 2013 di 70 scali, alla ridefinizione della logistica interna dello scalo a vantaggio dell’operatività, a una promozione internazionale con gli operatori, a un piano industriale che ricomprende e attua queste azioni. Un disegno strategico che pone ora lo sviluppo dei Punti Franchi come ulteriore tessera vincente per creare volano economico e produttivo sul territorio". Trieste è infatti l’unica città portuale europea a detenere uno strumento giuridico anomalo in tema di aree franche. Uno strumento sovra-comunitario in quanto garantito da un Trattato internazionale di pace, quello del 1947, che riconosce allo scalo giuliano una libertà di azione molto ampia in materia doganale, fiscale e commerciale, una libertà ben più estesa anche rispetto alle zone franche di diritto comunitario sviluppate con successo ad esempio in Irlanda. L’Autorità Portuale, in stretta sintonia con gli Enti locali, presente anche il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini e il prefetto, Alessandro Giacchetti, ha messo a punto un percorso, anche normativo potenzialmente in grado di generare effetti dirompenti nel mercato del commercio internazionale, favorendo al tempo stesso l’insediamento di attività extra portuali in primis nell’area del Porto Vecchio, che con il suo waterfront unico in Europa e lo stato di abbandono che la caratterizza da oltre trent’anni, rappresenta un’altra risorsa inutilizzata unica (per estensione, caratteristiche architettoniche e storiche nonchè potenzialità) nel panorama degli scali marittimi europei. La tempistica di questo progetto non è casuale: nel mercato globale Trieste sta riscoprendo un ruolo di hub portuale al servizio dell’Europa centro orientale, ruolo confermato sia dalla crescita dei traffici in atto (e in controtendenza rispetto alla recessione che caratterizza molti altri porti); ruolo che è sostenuto da un piano di investimenti in atto nel settore dei container, dei traffici di merci varie, delle crociere, dei collegamenti logistici anche nella prospettiva ormai certa della realizzazione di una grande piattaforma logistica, il cui finanziamento è stato di recente approvato in modo definitivo dal Cipe. Zona franca per Trieste significa in prima istanza libertà di esercizio dei trasporti marittimi, stradali e ferroviari; ma significa anche possibilità di esercitare in un regime franco, attività e servizi collocati all’interno del territorio portuale e quindi “consumati" in regime franco. Secondo l’Autorità Portuale di Trieste, interventi legislativi anche su base regionale potrebbero consentire di massimizzare i benefici del regime franco a vantaggio di tutte le attività del porto, della loro competitività, ma anche dell’insediamento di nuove attività (dall’high tech alle attività finanziarie e assicurative) nelle aree portuali. E il fatto che Trieste disponga della più grande area da riqualificare e riutilizzare rappresenta in questa ottica un vero e proprio asso nella manica, facendo di Trieste l’unico polo logistico in regime di zona franca comparabile ai grandi hub internazionali, come Dubai o Hong Kong. Il Ministero dell’Ambiente italiano ha attivato un apposito accordo quadro con il Porto di Trieste, per attuare su Trieste uno sviluppo coerente a quanto previsto dal decreto per la crescita del Governo Monti. Il porto di Trieste viene visto come un nodo di sviluppo strategico per la crescita dell’Italia e come una esperienza anche per gli altri Porti, nella traiettoria della green economy. Il ministro dell’Ambiente, Clini non ha dubbi nell’affermare che “nel rispetto della strategia di sviluppo del Governo e della road map sulla riduzione delle emissioni di carbonio della UE, il porto di Trieste costituisce un esempio di sviluppo in fatto di logistica portuale, anche alla luce del recente finanziamento da parte del CIPE della piattaforma logistica, ma non solo. L’investimento sulla logistica, ben si abbina all’investimento per la crescita come possono essere i punti franchi, utilizzando competenze, esperienze e risorse alla messa a punto di produzioni innovative nei settori dell’innovazione in materia di materiali, energie, medicina. Il ministero dell’Ambiente lavora con l’Autorità Portuale per creare in questa area incubatori di innovazione tecnologica che possano creare sviluppo economico". Ma l’attenzione verso Trieste da parte del ministero si esprime anche con la presentazione al consiglio dei ministri del 26 maggio prossimo della ridefinizione del Sin con la riduzione del perimetro e la semplificazione delle procedure per il recupero dell’area a favore di nuovi insediamenti produttivi. “Su Monfalcone – conclude Clini – stiamo lavorando per farlo divenire sempre di più piattaforma intermodale per le merci con utilizzo crescente della ferrovia".
Share :

Recent Post