08/02/2013

Quella parola che non si pronuncia: ripresa!

Si sperava che il 2013 potesse portare un po’ di luce in fondo al tunnel della recessione mondiale, ma la fiducia sembra vana. Ubriacati dalle promesse elettorali, noi italiani in particolare ci siamo dimenticati che il solo modo per affrontare la crisi sta nel rilanciare il treno dell’economia. I segnali tuttavia non sono ottimistici. Probabilmente l’anno in corso genererà una crescita mondiale del 3%, suddivisa in un +1% delle economie occidentali e in un +5% di quelle cosiddette emergenti. Le guerre valutarie in atto - che non è detto debbano proseguire per lungo tempo - vedono poi un euro troppo forte rispetto non solo alle monete leader, quali dollaro Usa, yen giapponese e sterlina inglese, ma soprattutto a quelle asiatiche, cioè dell’area che trainerà la ripresa. In questo contesto pensare di rilanciare l’export verso Cina, India e Paesi limitrofi diventa sempre più difficile, bloccando le speranze di una riaccelerazione dell’economia del vecchio Continente, stretto nella morsa di politiche fiscali necessarie per salvare i bilanci pubblici. Ecco allora che la sola via di uscita – purtroppo lenta – è quella di vendere nuove tecnologie (il che significa ricerca) e vecchie culture (cioè arte e patrimonio di conoscenze). Sul primo fronte l’Italia ha poche speranze, ma sul secondo è leader mondiale. Invece di parlare tanto di riduzione delle tasse e di proposte inapplicabili, chi vuole governarci dovrebbe realizzare un programma serio che esalti le nostre vere ricchezze. Fronte questo su cui non abbiamo nessun concorrente capace di batterci e dal quale potremmo riottenere occupazione, prosperità e orgoglio, dopo secoli passati a regalare civiltà a mezzo mondo.

Ornella Giola
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