Da un articolo su Euromerci del
maggio 2017: “L’introduzione della
Da un convegno Indicod-ECR del
maggio 2016: “Per migliorare la
disponibilità dei prodotti a scaffale <OSA
Optimal Shelf Availability> e, contemporaneamente, minimizzare overstock e
sprechi di prodotti, serve un approccio Total Quality, simile a quello della
TOYOTA".
Ma davvero un modello composito e
un approccio olistico, come quelli della Lean Production Toyota, sviluppati in
una fabbrica di automobili, possono essere portati nei punti di vendita della grande
distribuzione o anche in ospedali, cliniche … o, più in generale, in altri
settori industriali?
Il sistema Toyota è stato già da
tempo adottato da altre realtà manifatturiere a cominciare da quelle che, pur
se non automobili, producono beni durevoli (come elettrodomestici, pneumatici,
condizionatori) assemblando componenti, lavorati o acquistati. Poi è stato
applicato anche da produttori leader nel largo consumo. Solo recentemente,
visti i risultati ottenuti, si sta cercando di esportarlo anche in realtà non
manifatturiere. Certo alcuni concetti risultano di portata universale (massimo
servizio al cliente, approccio pull, enfasi
sulla catena del valore, occhio agli sprechi, …) e sono ormai di dominio
talmente comune da risultare scontati e, forse, addirittura banali, se non
approfonditi e calati nelle specifiche realtà. Infatti, sono ben diversi da
settore a settore le esigenze e le aspettative del cliente, il modello di
business e di risposta alla domanda, i concetti stessi di servizio, qualità e
produttività, l’incidenza delle operazioni, i processi e le operazioni chiave;
il lean thinking va quindi declinato di volta in volta in coerenza con tali
caratteristiche. Partiamo dalla Toyota e poi portiamo il Lean in settori diversi,
per esempio: la Distribuzione Moderna e, poi, la Sanità.
LEAN... SECONDO LA TOYOTA
Già dal 1990 (“The machine that change the World" -
Womack et al.) gli impianti giapponesi erano definiti LEAN perché, rispetto
alla tradizionale mass production,
usavano metà della forza lavoro, metà degli spazi, metà degli investimenti in
attrezzature, metà delle ore di ingegneria per sviluppare un nuovo prodotto in
metà del tempo. Si dimezzano tutte le risorse, facendosi guidare dall’obiettivo
valore: definire il valore per il
cliente, far scorrere il flusso del valore, eliminare tutto ciò che assorbe
qualsiasi tipo di risorsa senza aggiungere valore. Ricordiamo, qui solo in
sintesi, alcuni dei concetti chiave del lean thinking:
Cliente. Il cliente nella cultura dei Giapponesi è sacro, è il Re
della supply chain: viene salutato con un inchino, … Si dice che in Giappone i
camerieri non vogliano alcuna mancia, perché sanno che è loro dovere fornire il
miglior servizio possibile e, per questo, non vogliono essere premiati. Poi,
magari, la motivazione e il riconoscimento economico si concretizzano in
una retribuzione generalmente superiore rispetto alla media del resto del mondo,
dove la mancia è ben accolta o, addirittura, pretesa.
Pull. Il flusso dei materiali e del valore deve scorrere solo se, e
quando, richiesto dal cliente. “Ogni ora di produzione per un pezzo che finisce
a magazzino è un’ora di produzione … persa". Si assorbirebbero risorse,
infatti, senza creare valore per il cliente o il mercato. Viceversa la produzione,
come la distribuzione, devono sincronizzare i loro flussi, in quantità e tempo
(ritmo del mercato: takt time), con
la domanda effettiva del cliente. Si passa così dal Forecasting al Nowcasting.
Lay out impianti. Da impianti organizzati per tecnologie e per
catene di montaggio (che erano più appropriate per le produzioni di massa e finalizzate
alla massima produttività) si riducono le movimentazioni con lay out ad isole multi tecnologiche, per
completare le lavorazioni il più possibile senza spostamenti di materiali.
Lotto economico uguale a 1. Anche la mass production, tipica nell’automotive, deve avere flessibilità tale
da poter personalizzare ogni singolo pezzo o operazione alle specifiche
richieste del singolo cliente (di pari passo con il CRM 1-to-1).
La catena del valore. Il cliente non è solo quello esterno, finale.
Ogni operazione della catena ha un suo cliente (esterno o, anche, interno).
Ogni operatore deve fornire il massimo valore per l’operatore a valle:
rispondere ai suoi fabbisogni a breve (kanban!), facilitare le operazioni
successive (qualunque mezzo di trasferimento dei materiali si carica in ordine
inverso allo scarico!), non far perdere tempo (lotto di trasferimento minore
del lotto di produzione). Il massimo del valore va chiesto, a ritroso, anche ai
fornitori a monte.
Spreco. Si classificano come sprechi le scorte eccessive, le
produzioni non richieste dal mercato, le rilavorazioni, le movimentazioni
inutili, i tempi morti. In generale lo spreco è tutto ciò che assorbe risorse
senza aggiungere valore; in Toyota hanno classificato gli sprechi in funzione
della loro causa originale: (1) spreco di risorse perché non sempre saturate;
(2) eccessive fluttuazioni di carico sulla stessa risorsa; (3) assorbimento di
risorse che non crea alcun valore percepito o “apprezzato" dal cliente.
Lo spreco è un mezzo di trasporto
che viaggia insaturo o un’attesa ingiustificata in coda: nell’approccio Toyota si
parte dal selezionare e segmentare le attività in: VA attività che aggiungono
valore per il cliente; NVA attività che non aggiungono valore, ma necessarie
(controlli, trasferimenti, …); WASTE attività che non aggiungono valore e non
sono necessarie (trasferimenti inutili, o inversi; ricerca di attrezzature o
materiali d’uso, …). Aumentando la produttività delle attività già utili, si
porta a casa solo qualche punto percentuale di efficienza; eliminando o
riducendo le attività a valore zero, l’aumento percentuale della produttività è
sempre a doppia cifra.
Ma cosa vuole il Cliente?
Semplicemente il prodotto giusto o il servizio giusto, al momento giusto, nel
luogo giusto, con la qualità giusta …
Rimandiamo ad altre occasioni gli
approfondimenti sulle tecniche e sugli strumenti di base per il lean, come il 5S
(Separare, Sistemare, Spazzare, Standardizzare, Sostenere), il VSM (Value
Stream Mapping), SMED (Single Minute Exchange of Die). Ricordiamo solo quelli
di grande efficacia, pur se elementari (lean):
Visual management: cartelloni dinamici sulle performance,
segnalazioni visive, linee e percorsi colorati sul pavimento (come sulle
banchine dei metrò … giapponesi!); il tutto per tenere sempre in vista le
informazioni principali, per far emergere le anomalie, per richiamare
l’intervento immediato, per ricordare ed evidenziare gli standard, per comunicare
a tutti programmi e sequenze di lavorazione.
Standard: è il metodo definito e concordato per fare al meglio una
certa lavorazione; è l’insieme delle best
practice finora sperimentate e consolidate per ogni singola attività: lo
standard deve essere documentato, diffuso a tutti, obbligatorio per tutti … fin
a che qualcuno non trovi e definisca uno standard migliore.
Poka joke (“impedire errori non intenzionali", noi diremmo “a prova
di … bambino"): accorgimenti per rendere infattibile gli errori di distrazione,
come i sistemi di sicurezza per certi macchinari, l’apertura inversa di certi
medicinali, lo spegnimento automatico delle luci dell’auto, …
Se pensiamo alla vita di tutti i
giorni e, per esempio in particolare, ad un incrocio stradale: lo standard è
dare la precedenza alla destra (e l’introduzione delle rotonde ha cambiato lo
standard); il visual management è installare un semaforo; il poka joke è
costruire un cavalcavia per togliere ogni possibilità d’incrocio e d’incidente.
Qualità: l’attenzione ad ogni spreco di risorse e la consapevolezza dei maggiori costi
dovuti alla non-qualità spingono a far bene tutto già dalla prima volta;
qualità delle materie prime, qualità dei fornitori, qualità delle linee
produttive, qualità del prodotto e del servizio reso.
Kaizen: continuous
improvement, miglioramento continuo … è il termine lean più diffuso e più
facilmente esportabile. Semplice nel significato, composito nei presupposti per
la realizzazione: ci vogliono, infatti,
·
uno standard di riferimento … da migliorare
·
un’attitudine di tutte le persone coinvolte
direttamente: chi opera in prima persona, è il primo a sapere come potersi
migliorare
·
una motivazione a perseguire la perfezione
·
un gioco di squadra tra pari, al di sopra delle
funzioni e dei livelli aziendali
·
una cultura tesa a risparmiare ogni tipo di
risorsa e, contemporaneamente, creare sempre nuovo valore aggiunto per il
cliente e per l’impresa.
Il kaizen è la filosofia secondo
cui si può e si deve migliorare continuamente, anche a piccoli passi e senza
grossi investimenti. Mentre i grandi cambiamenti sono decisi e progettati negli
uffici direttivi, il Kaizen vive in fabbrica e, in generale, sul posto di
lavoro e nella realtà operativa a cura degli stessi operatori di linea o delle
isole di qualità.
In pratica il percorso verso
l’eccellenza si sviluppa con l’alternarsi di grossi cambiamenti concentrati nel
tempo e calati dall’alto (nuovi impianti, nuove tecnologie) e di piccoli passi
di assestamento o di miglioramento continuo che emergono dal basso (vedi fig.
Kaizen.)
Presupposti per il kaizen sono
gioco di squadra (si vince tutti insieme) e motivazione del personale: per
soddisfare il cliente, è necessario che tutto il personale sia soddisfatto del
proprio lavoro, cioè motivato, contento, premiato.
In origine il TPS della Toyota (Total
Production System) era focalizzato sulla produzione come lean production o lean
manufacturing, poi piano piano si è inclusa tutta l’azienda e, anche, tutta la
filiera con l’approccio globale del lean thinking.
LEAN THINKING NELLA DISTRIBUZIONE MODERNA
Il cliente qui è il
consumatore-acquirente che personalmente ogni giorno entra nel negozio per fare
la spesa; il PdV o punto di vendita, diventa Punto della Verità (moment of truth) dell’intera supply
chain. Se il cliente trova sullo scaffale il prodotto che desidera, lo acquista
ed è soddisfatto. Se non lo trova, può reagire in diversi modi: cambiare il
prodotto o, anche, rinunciare all’acquisto. Rimane comunque infastidito e non
pienamente soddisfatto.
Molti concetti riconducibili
all’approccio Lean Thinking sono ormai assodati anche nella Distribuzione
Moderna: massimo servizio al cliente, ottimizzazione delle risorse con sprechi minimi,
tempi di reazione ridotti, flussi just-in-time per rendere disponibile il
prodotto giusto, al posto giusto, al momento giusto. La supply chain è sempre
più pull e integrata tra il distributore,
il produttore e, spesso, anche l’operatore 3PL. Per avere massa critica le
insegne leader si sono ampliate e aggregate in centrali d’acquisto e hanno
adottato il modello logistico centralizzato, con un hub centrale che riceve e
concentra tutti i prodotti in un unico punto. Lo sviluppo dei CeDi, come hub distributivi, e le tecniche di VMI (Vendor Management Inventory: già
collaudato proprio nell’automotive) e di CRP (Continuous Replenishment Programme) hanno permesso di garantire una
migliore disponibilità dei prodotti, riducendo le scorte e i tempi di ciclo
dell’ordine. Le grandi superfici di vendita sono sempre più assimilabili a
reparti “produttivi" che devono ottimizzare la disponibilità dei prodotti sullo
scaffale in risposta al cliente acquirente, che entra nel negozio e vorrebbe
trovare sempre disponibile quello di cui ha bisogno in quel giro di spesa. Si
noti che in questo business, insieme alla competitività negli acquisti, il
fattore chiave di successo è l’efficienza distributiva.
L’attenzione agli sprechi è
focalizzata sulle perdite di prodotto (rotture, scadenze, danneggiamenti vari, …)
o sulla riduzione del loro valore originale (saldi, sconti per smaltire
eccedenze, specie per prodotti troppo vicini alla scadenza, …): nel settore
retail tali sprechi rientrano nel così detto shrinkage, che in origine
comprendeva soprattutto le perdite naturali nella filiera (come le parti
scartate nella lavorazione della carne o dell’ortofrutta), mentre oggi
comprende anche furti o errori alla cassa. A volte lo stock nel pdv,
programmato per assicurare la disponibilità sullo scaffale, risulta eccessivo e
l’attenzione manageriale è nel trovare l’equilibrio tra il rischio di perdere
vendite e il rischio di eccedenza e di scarti (sell more, waste less).
Che cosa può aggiungere il lean
thinking?
Approccio circoscritto. Se limitiamo il Lean al Punto di Vendita,
si enfatizzano soprattutto la qualità e l’affidabilità del servizio da
garantire al consumatore acquirente di quel pdv specifico, coinvolgendone tutto
personale (a partire dal responsabile). Con l’approccio OSA (Optimal Shelf Availability) la
responsabilità del servizio è nelle mani del riordinatore del pdv che conosce
la sua specifica clientela e può meglio mirare l’assortimento e le quantità nei
tempi giusti. Il pdv è anche responsabile di ripristinare puntualmente il
prodotto sullo scaffale, muovendo le quantità depositate nel retro del negozio
in tempo utile per non lasciare vuoto lo spazio e deludere, di conseguenza, il
cliente.
Approccio esteso. Se estendiamo il lean thinking e l’attenzione sulla
qualità alle altre funzioni a monte del pdv, allora entrano in gioco anche il
CeDi e la supply chain di alimentazione che, tirata in pull dal pdv, deve garantire flussi just-in-time in sincronia coi consumi sia per i prodotti
continuativi, sia per le promozioni o i lanci di nuovi prodotti. Per
alleggerire le operazioni nel pdv, il CeDi può attrezzarsi per caricare i
carrelli in ordine inverso alla sequenza di esposizione dei prodotti a
scaffale. Se inoltre tutti i pdv serviti dal CeDi hanno un lay-out standard, tale operazione diventa
standard e non richiede sovraccarichi di lavoro per il CeDi. In ottica di
maggior efficienza operativa e di minor disturbo per i clienti, le operazioni
massive di rifornimento degli scaffali si svolgono spesso negli orari di
chiusura del pdv.
I flussi di prodotti continuativi
(sempre in offerta) e i flussi discontinui (promozioni, sostituzione prodotti, …)
seguono esigenze, criteri di gestione,
logiche e logistiche con caratteristiche specifiche e differenziate e, anche, con
aspettative di servizio molto diverse.
Un adeguato modello logistico può
servire i prodotti giusti se l’assortimento, e le quantità, rispondono agli
specifici fabbisogni dei clienti di quel pdv: per la qualità e l’affidabilità
del servizio entra quindi in gioco anche il Category Manager, responsabile del
mix da esporre a scaffale in termini di codici, quantità e spazio da destinare
ad ogni prodotto.
Tale approccio esteso è già
applicato dalle insegne leader: gioco di squadra interfunzionale, standardizzazione
dei processi integrati lungo la filiera, ricostruzione della catena del valore
lungo tutta la filiera, il servizio come obiettivo comune. Alla base di tutto
la propensione al miglioramento continuo (kaizen) del servizio al cliente e
dell’efficienza delle operazioni, come nuova cultura vincente.
Per il miglioramento continuo è
indispensabile che tutto il personale sia motivato sulla performance finale, e
comune, con responsabilità e compiti chiari per tutti, rispetto delle
aspettative dei singoli, riconoscimento dei ruoli e … dei successi.
LEAN THINKING NELLA SANITA'
Molto più complessa è la filiera
della Sanità: il cliente finale è un paziente, il servizio fornito è la cura per
quel paziente erogata nel reparto, il prodotto “obiettivo finale" è il paziente
guarito. Con le evidenti differenze, dal punto di vista delle operazioni
fisiche, il reparto di un ospedale è come un reparto di produzione
specializzata: produzione personalizzata su ordine specifico, spesso monodose
(lotto uguale a 1), disponibilità garantita del materiale richiesto consegna
sul punto di … consumo. La supply chain deve essere quindi precisa e puntuale
fino al posto letto, chiudendo il ciclo ordine-consegna, definito bed-to-bed. Medici e infermieri sono i
clienti interni della filiera: ordinano i materiali e necessitano di precisione
e disponibilità garantita per erogare opportunamente la prescrizione al
paziente.
Lo sviluppo delle Aree Vaste,
aggregando diverse unità sanitarie operative, anche appartenenti a più ASL, ha concentrato
anche qui maggiori volumi d’acquisto con l’opportunità di un hub centrale in grado di garantire
disponibilità su tutto il mix dei prodotti e consegne più frequenti a ciascuna
unità operativa.
L’attenzione alla produttività e
agli sprechi hanno avuto tradizionalmente significati e importanze del tutto
particolari: ultimamente sono diventati però … osservati speciali.
Che cosa può aggiungere il lean
thinking?
Approccio circoscritto. Se limitiamo il lean alla logistica dei
materiali (farmaci, medicali, economali, dotazioni varie …), restiamo
focalizzati sulla supply chain, o micro logistica, interna all’ospedale:
partendo dal magazzino centrale o, sempre più spesso, da un polo logistico
centralizzato e arrivando al letto del paziente. Grazie anche alle nuove
tecnologie informatiche, si possono senz’altro (e in misura significativa) diminuire
le scorte di reparto, ridurre le obsolescenze e, soprattutto, ridurre gli
errori di consegna e di somministrazione. Il cliente della supply chain non è
tanto il paziente, quanto piuttosto il personale medico che necessita dei
materiali. Seguendo l’approccio lean si può mappare, per ogni processo, la
catena delle attività suddividendole in VA (valore aggiunto), NVA (senza valore
aggiunto, ma comunque necessarie), WASTE (senza valore aggiunto ed
eliminabili).
Sono già frequenti i casi di
affidamento della logistica a operatori specializzati che portano nuova cultura,
nuovi modelli e nuove prestazioni in termini di servizio, qualità, controllo,
sicurezza, tecnologia e riduzione della spesa: performance su cui si focalizza
anche il nuovo codice degli appalti, che pone pari attenzione sia sulla qualità
delle prestazioni sia sulle entità economiche del contratto di servizio (vedi
articolo già citato di Euromerci).
Approccio esteso. I benefici
di una logistica più efficiente sono già molto significativi in termini
assoluti, ma in una struttura operativa sanitaria ci sono ben altre efficienze
da recuperare e l’approccio lean esteso all’intero sistema delle operazioni
della struttura può aiutare a portare a casa vantaggi ancora più importanti, in
termini sia assoluti sia relativi all’intera catena del valore. Incremento
della produttività e recupero degli sprechi si estendono alle sale operatorie e
ai laboratori di analisi, sprechi significativi causati da un’attenzione
tradizionalmente non prioritaria verso l’efficienza e la competitività e,
forse, anche viziata dalla possibilità di recupero e rimborso dei costi e delle
spese, mutuabili e a carico della P.A. o delle assicurazioni. Non entriamo in
merito ai lunghi tempi di attese nelle unità sanitarie pubbliche che deviano il
paziente verso il privato e ci asteniamo da considerazioni sulle situazioni o estreme
o in malafede.
Il lean esteso (priorità sul
paziente, ricerca della qualità totale, riduzione dei lead-time, delle inefficienze e degli sprechi) è una vera e propria
rivoluzione culturale, specie nelle unità operative pubbliche che, pur se già
garantiscono qualità dal punto di vista sanitario, spesso prestano attenzione inadeguata
a produttività ed efficienza.
Le nuove tecnologie sia IT (informatiche:
come la cartella clinica centralizzata) sia OT (operative: armadietto
“intelligente", braccialetto, … ) rendono più facili le operazioni fisiche e le
comunicazioni tra i vari specialisti (medici, infermieri, farmacisti,
acquisitori, …) che così possono più efficacemente lavorare in team, puntando
insieme alla perfezione delle prestazioni e all’utilizzo ottimale delle
risorse.
Questa nuova cultura, lean,
implica quindi: gioco di squadra, personale motivato e soddisfatto,
standardizzazione delle procedure, miglioramento continuo. Il kaizen vuole che
le iniziative di miglioramento nascano dal basso, per piccoli passi e
piccolissimi investimenti, piena e intensa collaborazione tra tutti i
“giocatori". Per ogni operatore della struttura a tutti i livelli aziendali, si
deve avere:
·
chiarezza su aspettative ed esigenze
professionali e personali
·
formazione e addestramento ad operare in team
·
responsabilizzazione sull’uso delle risorse e
sui risultati da ottenere
·
riconoscimento e soddisfazione per i casi più
esemplari.
Approccio sistemico. L’assistenza sanitaria è sempre meno
localizzata in questa o quella struttura; il paziente, o meglio il cittadino
(anche prima di essere paziente), è seguito su tutto il territorio con analisi
preventive, controlli periodici, assistenza a domicilio. Da una parte c’è
l’aumento dell’età media, con l’aumento e la sovrapposizione delle patologie,
dall’altra c’è un sistema sanitario sempre più attivo, proattivo e organizzato,
con una rete di ambulatori, laboratori, diretti o convenzionati: il sistema
sanitario diventa più articolato e complesso ed è sempre più necessario un
orientamento comune verso il miglior servizio (massimo valore) per il cittadino,
con il minor impiego e spreco di risorse. Un piccolo esempio: dalla cartella
clinica elettronica si passa al Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) come
quello che la Regione Lombardia sta mettendo a disposizione del sistema. Così
il paziente o il medico, o chiunque autorizzato, può trovare in un unico
fascicolo tutti gli esami eseguiti in qualsiasi struttura regionale
(dematerializzazione, archiviazione e condivisione).
Nel modello TOYOTA come, in
generale, nell’automotive diventa
fondamentale anche il pieno coinvolgimento dei fornitori, parte integrante del
sistema, dai quali si “pretende" qualità, precisione, collaborazione ed
efficienza; e le regole sono dettate dall’azienda capofila che come cliente
della fornitura pretende di ricevere le performance almeno pari a quelle che essa
stessa ha come obiettivo verso il mercato. Nella Sanità già la centrale
d’acquisto permette con i fornitori nuovi rapporti, grazie sia alla massa
critica sia alla maggior competenza specialistica accumulabile in una centrale.
A proposito di acquisti, il nuovo codice degli appalti invita a considerare non
il prezzo fine a se stesso, bensì il costo complessivo: in gergo è il TCO Total Cost of Ownership, cioè il coso
totale legato alla proprietà ed uso del bene lungo tutto il suo ciclo di vita
(acquisto, installazione, gestione, manutenzione, e smaltimento.)
CONSIDERAZIONI FINALI
· Molti approcci o modelli di successo, già collaudati in un settore industriale specifico, sono poi stati esportati in altri settori industriali, come ad esempio: Just-in-Time, VMI, Hub, … Il Lean Thinking non è solo un modello che usa certe tecniche, è innanzitutto un cambio culturale (THINKING) e una forma mentis che parte dalla visione del cliente e del valore.
· Il kaizen si basa sul miglioramento continuo a piccoli passi. Ma all’inizio il cambiamento per passare al lean thinking è un salto di culturale importante da diffondere a tutta la struttura.
· Il lean thinking è un gioco di squadra: tutti
devono contribuire. Come in ogni rivoluzione culturale, o Change Management, in ogni realtà ci saranno sempre gli individui
trainanti (alcuni, leader), gli individui trainabili (molti, follower) e gli
elementi frenanti (pochi, ma sempre più delle previsioni, da individuare e …
disinnescare).
·
Non a caso il lean thinking nasce in Giappone
dove l’attenzione al cliente, il valore comune come obiettivo, lo spirito di
squadra sono più profondamente e tradizionalmente radicati.
·
In base ad esperienze personali, praticamente in
molti dei settori di cui sopra, si può dire che i principi sono universali; le
tecniche sono sempre valide e adattabili; i benefici possono essere
sorprendenti, in funzione anche della situazione di partenza; il vero salto è
quello culturale: fattore umano, formazione, cambio di mentalità.
·
Un approccio circoscritto porta già dei benefici
significativi: con un approccio più esteso i benefici si esaltano con evidenti
effetti sinergici.
·
La ricerca continua per fornire il massimo
valore col minor impiego di risorse (efficacia ed efficienza) si basa sulla
priorità non del profitto a breve, bensì sulla qualità del servizio al cliente
o al cittadino.
· L’enfasi sulla qualità totale della Toyota diventa per la Sanità la ricerca della migliore qualità della vita.
A CURA DELL'ING. PIETRO PEDONE
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