04/02/2015

Le vicissitudini del porto di Taranto - di MICHELE CONTE

La situazione sociale di Taranto è drammatica! E’ superfluo richiamare le tante crisi aziendali pubbliche e private che sembrano peraltro non essere ancora finite. Inutile ricordare i numeri mai toccati relativi alla disoccupazione, alla inoccupazione, alla cassa integrazione e alla mobilità. Tutto ciò è sotto gli occhi di tutti i cittadini. Le manifestazioni dei trasportatori e quelle più recenti dei lavoratori e degli imprenditori dell’indotto Ilva, con blocchi e occupazioni stradali hanno dato il segno di ciò che potrebbe accadere in presenza di crisi occupazionali più pesanti, in caso di chiusura dello stabilimento siderurgico senza alternative occupazionali di pari impatto. A questa terribile crisi purtroppo non sfugge l’area portuale che pure negli anni duemila, grazie alla ristrutturazione del Molo Polisettoriale, aveva determinato la realizzazione diretta e indiretta di oltre mille posti di lavoro, che si stanno perdendo giorno dopo giorno. Crisi che, l’immaginario popolare, e non solo, addebita quasi esclusivamente ai ricorsi che stanno ritardando l’inizio dei lavori di riadeguamento del terminal contenitori. Si trascura così di considerare il drastico ridimensionamento delle attività di sbarco delle materie prime e l’imbarco dei prodotti siderurgici, del contenimento dei prodotti petroliferi e la mancata attrattività per altri settori dello shipping. L’attrattività di un porto si misura in continuo adeguamento delle infrastrutture, e certo l’Italia in generale non lo è, e Taranto ancora meno. Le infrastrutture sono le banchine, i fondali e gli spazi retro portuali, ma è necessaria anche la chiarezza nei programmi di sviluppo del territorio, nelle normative che regolano gli investimenti esteri nel tempo. Cose che a Taranto mancano del tutto. Alcuni operatori portuali, a proprie spese, hanno dovuto ricorrere al Tar per l’annullamento di una delibera incomprensibile del Consiglio comunale che ha come unico effetto quello di ritardare, sine die, l’approvazione, da parte della Regione Puglia, del Piano Regolatore Portuale. L’incertezza dell'esecuzione dei dragaggi tiene lontani dai porti italiani gli investitori stranieri. Il 19 febbraio a Roma ci sarà un convegno organizzato da Assoporti, Federazione del Mare e Federagenti dal titolo “NO DRAGAGGI? NO NAVI"! e questo dovrebbe far riflettere chi crede che basta appaltare i lavori di dragaggio perché questi si possano realizzare nei tempi ipotizzati. Se Assoporti e Confcommercio “perdono tempo" per organizzare un convegno nazionale forse vuol dire che qualche problema oltre le beghe tra appaltatori e committente ci sarà. Ma forse non tutto è perduto, chissà che la Grecia che ci ha portato via il traffico dei contenitori non ce li restituisca su iniziativa di Tzipras. Il nuovo Governo greco ha minacciato di fare marcia indietro sulle privatizzazioni e concessioni nel porto del Pireo, dobbiamo sperare in questo che Evergreen sia costretta dai greci a tornare a Taranto? E se ciò accadesse saremmo pronti a ricevere le nuove navi da 18.000 mila teu che saranno consegnate dai cantieri giapponesi nel 2018 in armamento alla Evergreen? Si perché al di là delle decisioni del Tar e del Consiglio di Stato, se le criticità delle norme e delle procedure che ancora caratterizzano l’esecuzione dei dragaggi non vengono rimosse bisognerà traguardare il 2018 come possibile termine dei lavori. Per fare il punto sulle attività di trasporto nel Mediterraneo il Propeller Taras, su iniziativa del Propeller nazionale, parteciperà ad una visita ufficiale al porto contenitori Tanger Med alla fine del prossimo mese di aprile. 

MICHELE CONTE, presidente del Propeller Taras
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