RIl pensiero dei più è che la scelta di automatizzare i processi aziendali debba per forza spettare alle grandi aziende, ma nel periodo storico che viviamo, quello della tanto decantata globalizzazione, la lettura da dare allo slancio tecnologico è quella di un guanto di sfida ipercompetitiva, a 360 gradi, lanciato anche alle piccole e medie imprese. Nondimeno queste hanno la necessità di fare uno sforzo verso le tecnologie più avanzate, nell’ottica di una “digitalizzazione di impresa", per non essere fagocitate dal mostro del mercato dei grandi.
Ruolo strategico del know how tecnologico anche per le PMI
Nel nostro paese le Pmi rappresentano l’ossatura
portante dell’economia nazionale, il fiore all’occhiello per
qualità e quantità della produzione settoriale e specializzata,
e le nuove tecnologie sono lo strumento di gran lunga più
efficace, nel lungo periodo, per sopravvivere, anzi, imporsi,
mostrando i denti, all’interno di un mercato caratterizzato da
una concorrenza così agguerrita. Non è possibile non considerare
sotto una rinnovata luce questo aspetto, soprattutto
se alla spietata concorrenza nazionale si deve aggiungere
anche il confronto con i mercati internazionali, dove il vantaggio
competitivo non è rappresentato solo dal prodotto
o dal servizio offerto ma diventa determinante avere una
vera e propria cultura scientifica per sfruttare le tecnologie
informatiche a fini organizzativi e gestionali.
Il fattore "doganale" da problema a valore aggiunto
Struttura, produzione
e fussi informativi sono da considerarsi dominanti
all’interno di una logica profittevole, pertanto in una situazione
strutturale di budget limitato, risulta vitale abbattere tutta
una serie di costi, magari inizialmente frammentati e non esagerati,
ma che nel lungo periodo uccidono la competitività.
Intimamente connesso all’esigenza di abbattimento di costi
superflui e conseguenzialmente di una automatizzazione
dei processi risulta il pensiero comune intorno al “problema
dogana".
Il momento doganale non deve essere considerato come un
male necessario dalle aziende, ma deve diventare, anche in
questo caso, un valore aggiunto per l’azienda.
E' tempo di una "cultura doganalista" d'impresa
Alla tradizionale
convinzione dell’operatore economico medio, per cui le
operazioni doganali siano inutili, superflue, costose, farraginose,
sostanzialmente equiparate ad un foglio di via obbligatorio,
si auspica la formazione di una cultura, potremmo
dire, “doganalista" d’impresa. Oggi, in Italia, per esperienza
diretta in qualità di spedizioniere doganale, posso affermare
che siamo ancora ben lontani dal conoscere le principali
leve doganali dell’import-export all’interno delle aziende, ma
questo dato non deve essere interpretato come una resa,
anzi come uno stimolo ad approfondire e conoscere servendosi
dei professionisti del settore, appunto i doganalisti.
Sapere è potere, anche nelle operazioni di import-export
La
conoscenza è la migliore medicina preventiva: per l’operatore
possedere un sufficiente know-how su come vengano
regolati gli scambi import-export significa incidere in maniera
concreta sul profilo fiscale, commerciale e produttivo della realtà
aziendale stessa. Una pianificazione doganale puntuale,
nell’ottica di una leale collaborazione tra professionista-spedizioniere
e operatore economico, rappresenta la chiave per
una gestione consapevole dell’attività aziendale per ottenere
benefici fiscali (leciti) ed evitare potenziali pesanti sanzioni.
I focus fondamentali da conoscere in azienda
Per una ottimale
pianificazione doganale negli scambi con l’estero,
tali focus si possono riassumere così: il valore di transazione in dogana
(royalties-transfert pricing); dazi antidumping o equipollenti;
origine dei prodotti (origine non preferenziale/origine preferenziale); etichettatura dei prodotti; regimi doganali speciali;
istituto del deposito fiscale ai fini Iva; valutazione puntuale
dei mercati internazionali più convenienti; certificazione di
operatore economico autorizzato, AEO. Quest’ultimo figura di
fondamentale importanza nel nuovo Codice doganale dell’Unione
europea.
Cruciale anche la formazione
Quanto sopra detto, in altre parole, vuole proporsi come uno
stimolo e un invito alle aziende che operano sui mercati internazionali
a promuovere sessioni di formazione della materia
doganale per assicurarsi una crescita e un’innovazione: solo
così diventiamo più efficienti, competitivi e capaci di generare
più occupazione.
di Stefano Morelli
Presidente della commissione Dogane di Assologistica