24/10/2012
Il corridoio ferroviario Genova-Rotterdam è sostenibile perché utile e utile perché sostenibile, con effetti positivi sia a livello economico che ambientale e sociale.
E’ questa la conclusione cui è giunto lo studio “Genova–Rotterdam: un corridoio sostenibile" svolto dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e presentato nel corso di un convegno organizzato a Genova su iniziativa dell’Ambasciata di Svizzera in Italia e il Consolato generale di Svizzera a Milano con il patrocinio della Regione Liguria, del Comune e dell’Autorità Portuale di Genova.
Il corridoio Genova-Rotterdam mette in relazione regioni europee tra le più densamente popolate e a maggiore vocazione industriale in cui si concentrano, in poche centinaia di chilometri, distretti produttivi d’importanza mondiale.
Fra tutti i progetti Ue, è forse il più importante e concretamente seguito: nel 2000 è inserito, come corridoio A, nell'elenco di 6 corridoi ferroviari da attrezzare con ERTMS (European Rail Traffic Management System); nel 2011, lo si ricomprende, come corridoio 1, nell'elenco dei 9 prioritari in Europa per una rete competitiva del trasporto ferroviario delle merci.
D'altra parte, il suo tracciato ricalca esattamente l'ossatura della cosiddetta "Banana Blu", l'area compresa fra la parte meridionale della Gran Bretagna e quella settentrionale dell'Italia passando per Olanda, Valle del Reno e Svizzera, in cui si concentrano le più forti aree produttive ed economiche del Continente.
Le stime più recenti sulla crescita della domanda di trasporto lungo il Corridoio, effettuate tenendo conto degli effetti macroeconomici indotti dalla crisi, prevedono un aumento della domanda di trasporto merci su strada da e per l’Italia dell’8 % nel 2020 e di un valore oscillante tra il 12% e il 32% nel 2030, traducendosi in un numero di veicoli pesanti attraverso le Alpi svizzere pari a circa 850.000 veicoli annui nel 2009, 975.000 nel 2020 e 1.171.000 nel 2030. Il traffico stradale odierno è in larga parte di lunga percorrenza (ovvero oltre i 300 chilometri). Questi dati confermano chiaramente come esistano ancora consistenti margini di manovra per trasferire merci dalla strada alla ferrovia.
Secondo lo studio, dal punto di vista degli effetti positivi sull’ambiente, ipotizzando che nel 2030, in linea con le prospettive delineate dal Libro Bianco Ue sui trasporti, la parte maggioritaria dei traffici merci superiori ai 300 chilometri diretti e generati in Italia sia trasferita dalla strada alla rotaia, si potrebbe raggiungere una riduzione annua delle emissioni pari a 0,3 milioni di tonnellate di CO2, 1000 tonnellate di NOx (ovvero ossidi di azoto e loro miscele) e 7 tonnellate di particolato (Pm) e un risparmio energetico di 100.000 tep (tonnellate equivalenti di petrolio). Questa potenziale riduzione è considerevole perché è riferita solo a una quota dei volumi di traffico da trasferire su rotaia, quella delle merci trasportate su veicoli pesanti con origine e destinazione in Italia.
La quota maggioritaria dei volumi di traffico da far passare dalla strada alla ferrovia è poi quella costituita da tutti i volumi di traffico, merci e passeggeri, che si svolgono lungo il corridoio. Grazie a questo potenziale trasferimento modale, i costi esterni evitabili (incidenti, congestione, rumore, emissioni, ecc.), per i minori costi esterni del trasporto ferroviario, potrebbero raggiungere nel 2020 circa 134 milioni di euro annui e nel 2030 circa 327 milioni di euro annui.
Il trasferimento di questi volumi di traffico dalla strada alla ferrovia costituirebbe dunque – in base a quanto rilevato dallo studio della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile - in termini ambientali, sociali ed economici un vantaggio cospicuo per il nostro Paese.
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