TRATTO DAL MENSILE EUROMERCI
ARTICOLO A CURA DI STEFANO MORELLI
“Giudica bene chi bene distingue", verrebbe da pensare, considerando le possibili ricadute a valle dell’ormai celebre dictum “Puma" della Corte di Cassazione (cfr. Cassazione, sez. trib. 6 aprile 2018, n. 8473) in tema di daziabilità delle royalties. Il caso di specie coinvolgeva l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e la società Puma Italia, nell’ambito di una complessa vicenda che ha consentito alla Corte di affrontare, per la prima volta in Italia, taluni principi fondamentali sul regime doganale e sull’Iva di utilizzo del marchio. Giova anticipare fin da subito che l’elemento centrale della pronuncia di nomofilachia sia la nozione di “controllo del fornitore", quale questione preliminare indefettibile al fine di determinare le modalità di assolvimento dell’Iva sulle royalties. Ciò costituisce un’irrinunciabile premessa, a scanso di equivoci e interpretazioni aberranti del leading case “Puma" che non sembrano accettabili nella misura in cui prescindono dal puntuale accertamento dei rapporti pregressi intercorrenti tra le parti.
L’ipotesi tipologica (1) affrontata dal Supremo consesso è quella in cui la totalità dei diritti di licenza siano versati dall’importatore a un licenziante, titolare del marchio, diverso dal fornitore della merce. In questi casi, inveropiuttosto frequenti, condizione necessaria a determinare la tassabilità delle royalties è, appunto, la sussistenza di un legame intercorrente tra licenziante e fornitore. A tale proposito, giova osservare come i diritti di licenza, secondo l’interpretazione pretoria della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (2), integrino una condizione di vendita (3) delle merci ove, nel contesto di un gruppo societario, il loro versamento sia effettuato a un’impresa controllata al venditore e all’acquirente. Ora, nel caso di specie, la Corte ha ribadito come la nozione di “controllo" debba essere intesa in senso “ampio", essendo integrata l’ipotesi tanto nel caso di controllo di diritto (c.d. azionario), quanto nel caso di controllo di “mero" fatto.
Quest’ultimo si ritiene sussistente anche nel caso in cui sia dimostrata una capacità orientativa nei confronti delle scelte del soggetto controllato. Sulla base di tale argomentazione il Collegio - esaminati gli indicatori (4) da valutare al fine di saggiare la sussistenza del sopracitato legame - afferma il seguente principio di diritto: “In tema di diritti doganali, ai fini della determinazione del valore in dogana di prodotti che siano stati fabbricati in base a modelli e con marchi oggetto di contratto di licenza e che siano importati dalla licenziataria, il corrispettivo dei diritti di licenza va aggiunto al valore di transazione (...) qualora il titolare dei diritti immateriali sia dotato di poteri di controllo sulla scelta del produttore e sulla sua attività e sia il destinatario dei corrispettivi dei diritti di licenza" (5).
Ora, pare abbastanza evidente da quanto fin qui analizzato il fatto che tale principio di diritto sia da calare nella specificità di ogni caso concreto, sicché sarà di volta in volta onere del giudicante vagliare approfonditamente la sussistenza di un legame di controllo tra le parti di causa nelle modalità appena descritte, lungi dal costituire una generica ed apodittica affermazione da cui ricavare sconcertanti presunzioni, a scapito del diritto affermato. Di seguito si propone una recentissima decisione della Commissione tributaria provinciale di La Spezia (Cfr. CTP La Spezia, Sez. II, 6 novembre 2018, ric. n. 356/2017), in cui emergerebbe una futuribile e speranzosa interpretazione del punto di diritto sancito dalla Cassazione appena commentata. Nel caso di specie venivano contestati dazi sui corrispettivi di licenza versati alla licenziante avverso una società, che, peraltro, raggiungeva in precedenza un accordo con controparte - l’agenzia delle dogane - finalizzato a evitare ulteriori e plurime contestazioni in dogana, avente a oggetto una somma forfettizzata. Il Collegio accoglie il ricorso presentato dalla società al fine di ottenere il rimborso del versamento dei dazi contestati dall’agenzia, sulla base di una oculata interpretazione in punto di diritto del precedente “Puma". In buona sostanza si sostiene come, nel caso di specie, non sia ritenuto daziabile il rapporto intercorrente tra licenziante e licenziataria sulla base del fatto che, in primis, l’accordo pregresso non poteva intendersi come acquiescenza, in secundis, sia necessario vagliare “caso per caso l’inserimento del valore delle royalties nel valore dell’importazione".
Più precisamente viene affermato che “le royalties devono essere incluse nel valore in dogana se risultano essere presenti nel rapporto negoziale e se contrattualmente il pagamento delle stesse deve essere specificamente riferito alle merci oggetto di valutazione". Pertanto, prosegue la Commissione, “nel caso di specie parte ricorrente ha documentato che i licenzianti non impongono i produttori terzi alla licenziataria, non ne indirizzano la scelta e non impongono l’utilizzo di determinati materiali o particolari componenti". Posto che il pagamento dei diritti di licenza risulta indipendente dal corrispettivo di vendita, non può dirsi elemento condizionante della vendita delle merci, sicché non vi è alcuna dimostrazione del fatto che sussista un controllo - pur in accezione estesa - da parte dei licenzianti sui fornitori/produttori, e la licenziataria resta libera di scegliere il produttore terzo senza vincoli. Tutto ciò premesso, risulta auspicabile che faccia breccia nell’odierno panorama giurisprudenziale un’attenta valutazione - in concreto - dei rapporti intercorrenti tra le parti, onde discernere un effettivo controllo nei confronti della licenziante.
1) Definibile anche come “a rapporto trilaterale", in cui il fornitore della merce è autonomo rispetto sia al licenziante del marchio sia al licenziatario. Evidente è la rilevanza sostanziale di un controllo del licenziante sul produttore.
2) La questione è affrontata nello specifico dalla Corte di giustizia Ue, 9 marzo 2017, sent. in C - 173/15 ,GE Healthcare Gmbh.
3) Secondo il dettato del nuovo codice doganale dell’Unione europea le royalties si intendono addizionate al valore della merce in presenza di almeno uno tra i requisiti figuranti all’articolo 136 - comma 4 - del regolamento d’esecuzione.
4) Si tratta di indicatori non giuridicamente cogenti, a detta della Corte, ricavabili dal documento TAXUD/800/2002, sez. Commento n. 11 del Comitato del codice doganale, circa l’applicazione dell’articolo 32 del codice doganale. Classico esempio di soft law. Tra essi figurano, a titolo esemplificativo, che il licenziante esercita, direttamente o indirettamente, un controllo di fatto sulla logistica e sulla consegna delle merci all’acquirente, oppure che il licenziante non autorizza l’acquirente a comprare direttamente dal produttore, ma attraverso il titolare del marchio (licenziante) che potrebbe agire anche come agente di acquisto dell’importatore.
5) Cfr. par. 6.9 Cass. sez. trib., 6 aprile 2018, cit.
SOMMARIO DEL MESE DI DICEMBRE
DELLA RIVISTA EUROMERCI
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Commercio mondiale
RALLENTAMENTO “CONTROLLATO" PER GLI SCAMBI INTERNAZIONALI
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UN PARCO AUTOMEZZI PIU’ VECCHIO D’EUROPA
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IL FUTURO DEI NOSTRI SCALI SI GIOCA A LIVELLO TERRESTRE
Portualità e logistica: Contship-Srm|
UN’INDAGINE SULLA VIA DEI CONTAINER DA TRE REGIONI ITALIANE
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Primo Piano
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IL BAROMETRO DELL’ECONOMIA
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