26/09/2012
Appesi al filo di Pechino: se, alla fine dell’anno, il Pil cinese scenderà sotto un incremento annuo del 7,5%, contro l’8% previsto a inizio 2012, ci sarà una tempesta per l’economia mondiale. Perché le sole buone notizie non possono oggi che venire dall’ex Impero Celeste, in un contesto mondiale davvero difficile. Eppure i segnali positivi sono molto più numerosi rispetto a quelli negativi, ma non vengono recepiti come tali. In Giappone il Pil salirà a fine anno del 2%, in Corea del sud e a Singapore del 2,5%, a Singapore del 2,1% e a Taiwan dell’1,9%. E’ pur vero che se l’India sta facendo un “piccolo" balzo del 5%, l’insieme di questi “più" non compensa l’aria raffreddata che soffia da Europa e America del nord. Il timore è giustificato: un peggioramento nell’Occidente aggraverebbe i rischi di contagio in Asia, riducendo l’import-export. Occorre tuttavia notare che le previsioni catastrofiste di qualche mese fa oggi si sono attenuate. Un crollo europeo non è più ipotizzabile, sebbene permangano le incertezze su Grecia e Spagna in prima linea, su Irlanda e Portogallo in seconda file e sull’esito delle elezioni italiane del prossimo anno. Contro tutto questo la Cina è il baluardo: se tiene, metà della sfida è vinta. E un fatto positivo c’è: la prossima transazione politica ai vertici dello Stato non potrà che coincidere con un calcio – reale o fittizio – al Pil nazionale. Tifiamo quindi tutti per Pechino!
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