Venerdì 30 gennaio si è tenuto a Milano il convegno “Rigenerare per costruire: il futuro dell’edilizia parte dal Brownfield”; l’evento, è stato organizzato da Gse Italia filiale del nostro Paese di uno dei principali leader dell’edilizia industriale sostenibile mondiale. Scopo dell'incontro sensibilizzare rispetto alle possibili soluzioni al problema del consumo di suolo in edilizia, con un focus sulle difficoltà incontrate dalle aziende che vogliono operare attraverso modelli di sostenibilità e rispetto dell’ambiente, stante inoltre la necessità di unificare in una sola legge le normative e i regolamenti vigenti sul tema.
L’incontro era in programma alla Triennale del capoluogo lombardo, complesso che si trova all’interno del parco Sempione, uno dei polmoni verdi della città, luogo dove è impossibile e impensabile si possa edificare qualsiasi tipo di costruzione ex novo o da locali dismessi, tanto è vincolato e intoccabile: la Triennale e la vicina Arena Civica, per fortuna, non corrono nessun rischio di questo tipo tanto sono intoccabili.
Brownfield significa letteralmente ‘area dismessa’, ed è termine usato per significare la possibilità che un terreno venga utilizzato come urbanizzato per poi essere – appunto - dismesso e quindi reso disponibile per la costruzione di nuovi edifici sulla sua stessa area. Un tema che, evidentemente, riguarda molto da vicino il settore della logistica (e non solo), da qualche anno alla costante ricerca di spazi corposi da occupare vista la continua espansione che lo contraddistingue.
Nel 2023 persi 72,5 km2, di cui quasi 22 situati in zone a rischio idrogeologico
Siamo quindi in presenza di una modalità di espansione urbana che ci riguarda molto da vicino, visto che l’Italia è ai primi posti in Europa per consumo di suolo, e nel particolare lo ha ben spiegato Michele Munafò, professore per le discipline del settore tecnica e pianificazione urbanistica all’Università Sapienza di Roma e primo tecnologo presso l’ISPRA – l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – nell’intervento d’apertura al convegno. Munafò ha illustrato alcuni dei dati più significativi scaturiti dal rapporto ISPRA 2024 ‘Il consumo del suolo in Italia’, sottolineando che “quando si parla di ‘suolo utile’ il riferimento è al territorio nazionale teoricamente disponibile per usi come l’agricoltura o gli insediamenti e che è stato trasformato da suolo naturale a suolo artificiale. Il fatto che il suo consumo abbia superato il 10% evidenzia l’intenso processo di trasformazione del territorio e la perdita di suoli naturali con un alto valore ecologico e produttivo: un segnale di allarme che sottolinea ancora di più la necessità di arrestarne il consumo. Entrando nel merito, nel 2023 abbiamo perso 72,5 km2, di cui quasi 22 situati in zone a rischio idrogeologico. La crescita sull’anno precedente è pari al 7,16%, a conferma di un trend di incremento progressivo ininterrotto dal 2006, e che ogni anno impedisce all’Italia di creare servizi ecosistemici per oltre 9 miliardi di euro. Confrontando questi dati con quelli dell’Unione Europea, emerge come il nostro sia il quinto Paese membro per tasso di crescita del consumo di suolo, con una velocità quasi doppia rispetto alla media dell’Unione”.
Da notare che proprio l’Unione Europea ha posto un obiettivo di monitoraggio e riduzione del consumo di suolo entro il 2050 fra gli strumenti più utili a disposizione degli Stati membri proprio il brownfield, e di conseguenza risulta immediatamente comprensibile come la misura potrebbe avere un impatto immediato sul consumo di suolo nel nostro Paese e, pertanto, dovrebbe essere spinto dalle istituzioni e preso in serissima considerazione dalle aziende impegnate in nuove installazioni.
Logistica sul banco degli imputati
Fra queste, particolarmente coinvolte, dovrebbero esserlo quelle della logistica, visto che nel 2023 lo sviluppo che l’ha riguardato è pari a 504 ettari in un solo anno, il 63% del totale, mentre la grande distribuzione e le strutture legate all’e-commerce hanno fatto segnare rispettivamente il 20% e il 17%. Il fenomeno nel suo complesso si è concentrato prevalentemente nelle regioni del Nord Italia, con un massimo di superfici consumate in Emilia-Romagna (101 ettari), Piemonte (91) e Veneto (80), anche se è nelle Marche il comune che ha registrato il più alto tasso di cementificazione: si tratta di Jesi (in provincia di Ancona), con la realizzazione della nuova piattaforma logistica Amazon. Tutto questo avviene, sempre secondo Munafò, “nonostante ISPRA informi da anni i decisori politici rispetto ai rischi a cui andiamo incontro se non arrestiamo il consumo di suolo. Secondo le nostre proiezioni, se il ritmo di trasformazione del suolo dovesse mantenersi al livello attuale, il nuovo consumo di territorio in Italia potrebbe superare i 1.700 KM” tra il 2023 e il 2050. E se l’azzeramento di questo tipo di consumo fosse anticipato al 2030, come previsto dal Piano per la Transizione Ecologica, il nuovo consumo di suolo si attesterebbe comunque oltre i 450 Km2, con dei costi economici dovuti alla perdita di servizi ecosistemici che potrebbero superare complessivamente i 200 miliardi di euro”.
Tempi burcratici biblici e nessuna premialità
Alcuni degli interventi hanno voluto però eccepire che puntare sul brownfield comporta un allungamento dei tempi burocratici e anche un peso non indifferente in termini economici: quasi sempre mettere le mani su un insediamento dismesso costa più che intervenire su un terreno libero, ma come affermato da Valentino Chiarparin, responsabile di Gse Italia, “sono i tempi lunghi e soprattutto quelli imprevedibili per ottenere i permessi a costruire su terreni brownfield a mettere a rischio gli investimenti. Questo aspetto genera un importante impatto economico, temporale ed ambientale. Altro tema rilevante, che limita l’adozione di questo modello virtuoso da parte delle aziende è quello che, a fronte di difficoltà oggettive, al momento non esiste alcuna premialità fiscale o procedurale per chi sceglie di realizzare degli edifici su aree di recupero che di fatto non sono inserite in nessuna corsia preferenziale rispetto a quelle greenfield”.
Gli ha fatto eco Antonio Guarascio, direttore Europa di GSE, sottolineando come “Il nostro obiettivo è quello di coinvolgere le istituzioni per trovare insieme le soluzione giuste alla risoluzione dei problemi: non è possibile che costruire su un terreno brownfield, contribuendo allo sviluppo del Paese senza impattare sul consumo di suolo possa costare molto di più, comportando spesso un raddoppio dei tempi di realizzazione”.
La parola ai politici
A rispondere in nome e per conto delle istituzioni è stata Erica Mazzetti, deputata e responsabile del Dipartimento Lavori Pubblici, che ha voluto assicurare sulla volontà dell’Esecutivo di passare dall’indisciplina normativa a una disciplina dei principi attraverso un nuovo testo unico delle costruzioni: “Costruire rigenerando comprende una vera riconversione urbana, sociale, economica ed energetica. Per farla, bisogna tener presente alcuni punti cardine: la certezza della normativa, i finanziamenti pubblici e privati, centralità del progetto partendo da un concetto tanto semplice quanto fondamentale, cioè che l'urbano è l'umano. Occorre più flessibilità negli strumenti normativi, dettando principi e poche regole in grado di garantire uno sviluppo armonico e chiaro dal singolo edificio al quartiere, raccordando con le infrastrutture e la mobilità, tenendo conto dei progressi della tecnologia, a partire dal digitale.”
In collegamento video da Bruxelles, l’ex sindaco di Firenze Dario Nardella e attualmente europarlamentare, ha voluto illustrare l’esperienza maturata nel suo comune quando ne era primo cittadino, mettendo in evidenza che “per tutto il periodo del mi mandato abbiamo operato per non togliere nuovo suolo al nostro territorio, puntando invece sulla riconversione degli insediamenti già esistenti e in disuso. In gran parte dei casi affrontati siamo riusciti a velocizzare ogni aspetto burocratico e anche a risparmiare notevolmente in termini di costo. Quando si riesca a lavorare in sinergia tra amministrazione pubblica e aziende il risultato che ne può scaturire è molto positivo per entrambe la parti coinvolte nell’operazione”.
Insomma, puntare sul brownfield si può e soprattutto si deve: i prossimi anni potrebbero rivelarsi cruciali per preservare altre preziose porzioni di suolo nazionale puntando decisamente sull’edilizia sostenibile e anche tutti gli operatori della filiera logistica dovrebbero impegnarsi in tal senso, ricoprendo attivamente un ruolo da protagonisti.
Tiziano Marelli