23/02/2017
Gli acquirenti europei del tessile sono sempre più orientati di far tornare le loro catene di approvvigionamento e fornitura in Europa, a causa dell'aumento in Cina dei costi del lavoro, delle materie prime ed energetici. E' questa la conclusione cui perviene una approfondito reportage a cura di Reuters. Sebbene la Cina resti un leader mondiale nel settore tessile e dell'abbigliamento, con le esportazioni a quota 284 miliardi di dollari nel 2015, i salari sono in aumento ad un tasso annuo di oltre il 12% e non sono più così a buon mercato per competere solo sul prezzo. Allo stesso tempo il settore tessile della Cina deve affrontare l'aumento di costi delle materie prime, grandi tasse di importazione per attrezzature tecnologiche di base e norme ambientali più costose.
Riduzione del divario tra il costo del lavoro del filato cinese e quello italiano
Il piano quinquennale del Governo cinese per il tessile, pubblicato lo scorso settembre, ha riconosciuto che i costi più elevati sono alla base dell'indebolimento del vantaggio competitivo della Cina sui Paesi sviluppati come l'Italia, con tecnologia migliore, e su Paesi in via di sviluppo con salari più bassi. Il divario tra il costo del lavoro del filato italiano e cinese si è ridotto di circa il 30% tra il 2008 e il 2016, a 0.57 dollari per kg da 0,82 dollari per kg, secondo i dati di Textile Manufacturers Federation (ITMF). Quanto ai salari Reuters fa presente che sebbene la retribuzione oraria per un tessitore cinese l'anno scorso sia stata 3,52 dollari, in crescita del 25% dal 2014, resta però ancora ben lontana dai 27,25 dollari pagata in Italia. Ma con i salari della Cina non più così bassi, il processo di spedizione dei materiali verso la Cina e quella dei manufatti di nuovo verso l'Europa diventa meno attraente. "Inoltre marchi di abbigliamento occidentali sono anche sotto pressione per offrire più collezioni e sempre più personalizzate, richiedendo ai loro fornitori di essere più vicini e più veloci. In Cina, al contrario, la catena di approvvigionamento è più lunga e spesso sparpagliata, offrendo a Paesi come l'Italia un vantaggio competitivo", ha detto a Reuters Ercole Botto Poala, amministratore delegato di Reda.
Export di tessili dalla Cina all'Italia in discesa e di poco positivo verso la Ue
Le importazioni di prodotti tessili in Italia dalla Cina sono scese dell'8,7% nei primi 10 mesi del 2016, a quota 347 milioni di euro, in base alla SMI, l'associazione tessile e della moda in Italia. Le esportazioni dall'Italia verso la Cina sono invece aumentate del 2,8% a 165 milioni di euro nello stesso periodo, anche se il totale delle esportazioni tessili italiane lo scorso anno è sceso del 2% a quota 4,3 miliardi di euro, secondo Reuters. Quanto alle esportazioni tessili cinesi verso l'Unione europea sono salite di un modesto 1,4% nei primi dieci mesi dello scorso anno, ma nel solo mese di ottobre sono calate del 4,1%.
Nuove destinazioni (vicine) cercasi
Si registra infine il fenomeno di acquirenti che sono alla ricerca di luoghi dell'Est Europa (a esempio la Bulgaria) o in Turchia per le loro attività tessili, a causa di fattori quali qualità, prezzo e vicinanza all'Europa che tali destinazioni sarebbero in grado di garantire.
Per alcuni acquirenti in particolare qualità e trasparenza sono sempre più importanti; ci sono poi marche sempre più attente alla tracciabilità del prodotto, con l'intenzione di evitare potenziali rischi reputazionali.
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